mercoledì 11 ottobre 2017

Il compagno Oskar Lafontaine: aiutiamoli a casa loro!

Oskar Lafontaine, leader storico della sinistra tedesca, nella sua analisi del voto tedesco evidenzia il modesto risultato della Linke fra i lavoratori e ne individua le cause in una politica sui rifugiati sbagliata. Per Oskar Lafontaine "giustizia sociale" significa soprattutto garantire condizioni di vita migliori nei paesi di origine dei migranti: una presa di posizione che nella sinistra tedesca ha scatenato un acceso dibattito  e una riflessione sull'emorragia di voti verso AfD. Dal profilo FB di Oskar Lafontaine


La Linke con il 9.2 % dei consensi e circa 4.3 milioni di voti ha ottenuto il suo secondo miglior risultato elettorale di sempre in una elezione per il Bundestag. E questo in un contesto che a causa della forte crescita di AfD e dell’elevata partecipazione elettorale era sicuramente piu' complesso rispetto al 2013, quando la Linke ottenne l'8.6% e circa 3.75 milioni di voti. Il partito avrebbe quindi tutte le ragioni per essere soddisfatto di questo risultato.

[...] Nonostante il risultato positivo, la Linke ha dei buoni motivi per riflettere sul voto: solo l'11% dei disoccupati l'ha sostenuta - meno della SPD (23%), di AfD (22%) e dell’Unione (20%) e poco piu' della FDP e dei Verdi - e solo il 10% fra i lavoratori l’ha votata (Unione il 25%, SPD il 24% e AfD il 21%). Solo il 2% in piu' della FDP, che è stata votata dall'8% dei lavoratori.

La chiave per capire questa mancanza di sostegno da parte di coloro che si trovano nella parte piu' bassa della scala dei redditi deve essere cercata senza dubbio in una "politica dei rifugiati" sbagliata. E‘ un’accusa che non riguarda solo la Linke, ma tutti i partiti finora rappresentati al Bundestag, perché con le loro risposte al problema globale dei rifugiati, nei fatti hanno trascurato le istanze di giustizia sociale.

E questo in due modi: il principio della giustizia sociale ci chiede di aiutare coloro che maggiormente hanno bisogno. Non si puo' scaricare tutto il peso dell'immigrazione, come  ad esempio la maggiore concorrenza nel settore a basso salario, l’aumento degli affitti nei quartieri piu' popolari e le crescenti difficoltà nelle scuole con una quota sempre maggiore di studenti con scarse competenze linguistiche, proprio su coloro che già ora sono i perdenti a causa della crescente disuguaglianza nella distribuzione dei redditi e della ricchezza. L'esperienza in Europa ci insegna che quando questi elettori non si sentono piu' rappresentati dai partiti di sinistra, votano sempre di piu' per i partiti di destra.

La violazione del principio della giustizia sociale è ancora piu' grave se si tiene conto di quali sono le persone che fuggono dalla guerra, dalla fame e dalla malattia. Solo una minoranza riesce a mettere insieme diverse migliaia di euro con i quali poter pagare i trafficanti di uomini per poter arrivare in Europa e soprattutto in Germania. Milioni di rifugiati di guerra vegetano nei campi profughi, milioni di persone non hanno alcuna possibilità di lasciare la propria patria a causa della fame e delle malattie. Senza alcun dubbio si potrebbero aiutare molte piu' persone se i miliardi spesi dallo stato per migliorare il destino dei piu' poveri al mondo fossero utilizzati per rendere piu' facile la vita nei campi profughi e per combattere la fame e le malattie nelle regioni piu' difficili. E se i miliardi spesi per gli interventi militari e il riarmo venissero utilizzati per aiutare le persone piu' povere del mondo, allora avremmo la possibilità di fare delle cose davvero buone. 

La "politica dei rifugiati" della "Cancelliera dei rifugiati" Merkel, giustamente punita dagli elettori, era completamente inverosimile, perché la sua presunta empatia verso i profughi di guerra non le ha impedito di consegnare armi ai Jihadisti tramite gli emirati del golfo e di partecipare a quegli stessi bombardamenti in Siria che hanno poi obbligato molte persone a fuggire all'estero.

Un partito di sinistra quando aiuta le persone in difficoltà non puo' ignorare il principio della giustizia sociale. E per quanto riguarda le controversie interne al partito basta dare uno sguardo ai risultati delle elezioni: chi trova cosi' poco sostegno fra i lavoratori e i disoccupati (nel 2009 le cose erano messe diversamente) deve iniziare a riflettere sulle cause. E non serve a molto il continuo riferimento ai ceti urbani - ai quali per quanto ne so io appartengono anche i lavoratori e i disoccupati - che stranamente viene sempre utilizzato come alibi da coloro che durante la campagna elettorale nei centri urbani finiscono per parlare tutt'al piu' davanti ad una manciata di persone. 

martedì 10 ottobre 2017

AfD è il partito del precariato

Una recente analisi sul voto del 24 settembre condotta dalla prestigiosa fondazione Bertelsmann (disponibile qui) conferma quello che in parte già sapevamo: AfD è il partito del precariato e del ceto medio piu' basso minacciato dalla globalizzazione e diffidente nei confronti del progetto europeo. Gli elettori di AfD non sono dei pericolosi razzisti o xenofobi ma dei cittadini alquanto arrabbiati per le loro condizioni economiche e sociali. Un articolo sui risultati dello studio da Junge Welt


La Fondazione Bertelsmann in una sua recente pubblicazione propone una possibile spiegazione del risultato elettorale del 24 settembre. Invece delle tradizionali distinzioni fra destra e sinistra, in Germania “la nuova linea di conflitto sarebbe fra gli scettici e i sostenitori della modernizzazione", scrive la Fondazione in uno studio pubblicato venerdì scorso. Il documento dal titolo "Elezioni popolari - mobilitazione e contro-mobilitazione dei ceti sociali alle elezioni federali del 2017" è sicuramente degno di nota. L'indagine post-elettorale è stata condotta dall‘istituto di ricerca sociale YouGov per conto della Fondazione Bertelsmann su un campione rappresentativo di 10.000 cittadini. Lo studio si basa anche sui dati delle circoscrizioni elettorali di Infratest-dimap.

L'autore dello studio Robert Vehrkamp spiega che il successo elettorale di AfD non puo' essere essere considerato solo come un fenomeno del'est. Invece della tradizionale suddivisione regionale, in Germania ci sarebbe una nuova linea di conflitto fra i diversi ambienti sociali, cosi' scrivono il responsabile del programma di ricerca della Fondazione Bertelsmann e gli scienziati del Wissenschaftszentrum Berlin (WZB).


I ricercatori hanno analizzato il comportamento elettorale dei diversi ambienti sociali. Questi sono stati suddivisi in diversi gruppi, ad esempio "l‘ambiente precario", "l’ambiente tradizionale" oppure "l’ambiente liberal-intellettuale". Nel precariato, caratterizzato da condizioni di lavoro e di vita insicure, il 28% dei voti è finito ad AfD. In questo ceto sociale AfD ha registrato un incremento del 18% attestandosi come il partito piu' forte. A perdere voti in questo ambiente sociale sono stati soprattutto la Linke e i socialdemocratici. La Linke ha ottenuto il 14% delle preferenze (-6%) mentre la SPD è riuscita a conquistare per sé solo il 18% dei precari subendo una perdita di 7 punti percentuali.

Anche nel cosiddetto "centro della società" AfD ha guadagnato molti consensi registrando una crescita del 15%. In totale in questa fascia di elettori ha raggiunto il 20%. Fra questi elettori, caratterizzati da un reddito medio, sembrerebbe essere molto diffusa la paura del declino sociale. L'Unione (CDU-CSU) in questo ambiente sociale ha invece perso 15 punti percentuali.

Nel complesso si puo' constatare, secondo lo studio, che fra gli elettori dell'Unione, della SPD, della FDP, della Linke e dei Verdi c'è una maggioranza di sostenitori che si pongono in maniera positiva nei confronti della "modernizzazione" della società. Gli "scettici della modernizzazione", secondo Verkhamp, guardano alla globalizzazione con una certa preoccupazione. Inoltre vedono nell'integrazione europea piu' rischi che opportunità e temono una perdita di sicurezza causata dall’atomizzazione della società e della dissoluzione delle forme di vita tradizionali.

Non è privo di implicazioni il fatto che questa fondazione, di orientamento neoliberista, con le sue definizioni consideri alcuni processi "moderni" oppure "progressisti", quando in realtà si tratta di fenomeni che potrebbero essere considerati come un passo indietro per lo sviluppo sociale. Fra questi ci sono sicuramente gli accordi di libero scambio TTIP e CETA, riconducibili al concetto di globalizzazione. AfD respinge questi accordi come del resto fanno molti elettori della SPD, dei Verdi e della Linke. Per gli elettori di destra tuttavia ad essere decisiva non è stata l'erosione degli standard sociali e ambientali, piuttosto la loro fondamentale avversione al partner commerciale americano.

Le conclusioni dello studio affermano che AfD si è inserita negli spazi sociali lasciati vuoti dai partiti tradizionali, sia nelle classi meno abbienti che nel ceto medio inferiore. I grandi partiti negli anni passati si sono occupati troppo poco di questi elettori. AfD tuttavia non è stata in grado di mettere in campo un programma politico e sociale "che possa adattarsi alle preoccupazioni di questi elettori, piuttosto si è affidata ad una campagna populista e di destra contro i rifugiati e i migranti".

Guardando allo studio è possibile ipotizzare che AfD in futuro potrebbe addirittura rafforzarsi, soprattutto se non facesse affidamento solo sui temi piu' razzisti ma se ad esempio promettesse di redistribuire anche un po' di risorse. Ci sono già esempi simili in altri paesi dell'UE. Ad esempio il Front National francese non solo si batte contro gli immigrati, ma chiede anche una riduzione dell'età pensionabile e un aumento di alcuni benefici sociali. Per AfD, data la forte influenza esercitata dell'ala neoliberista, al momento richieste simili sono difficili da immaginare.

lunedì 2 ottobre 2017

Il paese della disuguaglianza

Il prof. Marcel Fratzscher è uno stimato economista nonché il direttore del prestigioso Deutsches Institut für Wirtschaftsforschung (DIW). Nel suo ultimo libro analizza la distribuzione dei redditi e dei patrimoni in Germania e giunge ad una conclusione netta: la Germania del 2017 è il paese della disuguaglianza sociale in cui il sogno del "benessere per tutti" di Ludwig Erhard ormai è solo uno slogan vuoto e privo di senso. L'economia sociale di mercato tedesca ormai da tempo non è piu' sociale. Dall'Huffington Post


Il motto di Ludwig Erhard, creare "benessere per tutti", oggi puo' essere considerato solo un'illusione. L'economia sociale di mercato tedesca, almeno per come l'abbiamo conosciuta nei decenni durante i quali era garantita la protezione di tutti i gruppi sociali, oggi non esiste piu'.

Nell'economia tedesca si gioca con le carte truccate - di concorrenza e di mercato nell'economia reale ce n'é sempre meno. 

La nuova economia di mercato tedesca mostra il suo vero volto in una disuguaglianza sociale sempre piu' forte. In nessun'altro paese industrializzato le opportunità, ma anche i patrimoni e i redditi, sono distribuiti in maniera cosi' disuguale.

Questa disuguaglianza non è solo un problema sociale ma anche economico: rallenta la crescita economica, impedisce l'aumento degli investimenti e la creazione di posti di lavoro migliori. Si tratta di danni reali, che pongono la Germania davanti a una grande sfida.

La Germania è il paese della disuguaglianza

Nel mondo industrializzato la Germania di oggi è uno dei paesi con le piu' grandi disuguaglianze sociali. Le ragioni non sono immediatamente evidenti. I fatti sono come le tessere di un puzzle che ad un primo sguardo non sembrano incastrarsi.


Il primo esempio è il "puzzle patrimoniale": la Germania è un paese ricco con un reddito pro-capite che è fra i piu' elevati al mondo. Ed è anche un campione di risparmio - in nessun'altro paese industriale i cittadini e le imprese risparmiano una quota cosi' elevata del loro reddito.

Sarebbe quindi logico aspettarsi che i tedeschi grazie ad un alto reddito e ad una elevata quota di risparmi possano accumulare dei grandi patrimoni privati per potersi assicurare una certa prosperità in vecchiaia e fare quindi della previdenza pensionistica. La realtà tuttavia sembra essere diversa: la ricchezza di molti tedeschi è notevolmente inferiore rispetto a quella dei loro vicini. E' fra le piu' basse in Europa ed è meno della metà rispetto a quella di molti europei.

Fanno parte della ricchezza le attività finanziarie e monetarie, gli immobili, gli oggetti di valore, le assicurazioni e le immobilizzazioni. Il loro valore nel portafoglio di molti tedeschi negli ultimi 15 anni è chiaramente sceso. Come è possibile che questi fatti possano andare d'accordo? Come è possibile che in un paese economicamente cosi' di successo e forte le persone abbiano cosi' poca ricchezza privata?

Come è possibile che le persone in Germania guadagnino e risparmino piu' dei loro vicini e tuttavia abbiano dei patrimoni inferiori? Allo stesso tempo la ricchezza è suddivisa in maniera profondamente diseguale. In nessun'altro paese della zona Euro la disuguaglianza dei redditi è superiore. La metà piu' povera della nostra popolazione praticamente non ha alcun patrimonio netto. Se le persone hanno dei beni, i loro debiti hanno un valore almeno uguale o superiore.

Nel 20% piu' povero, i debiti sono superiori ai patrimoni. Questi cittadini hanno una posizione debitoria netta. Ma anche al vertice della piramide della ricchezza la situazione tedesca è piu' estrema rispetto a quella dei suoi vicini: in nessun'altro paese in Europa il 10% piu' ricco della popolazione dispone di patrimoni maggiori.


Lo stato cerca di bilanciare l'elevata disuguaglianza attraverso la fiscalità e la redistribuzione finanziaria

La disuguaglianza nella distribuzione dei patrimoni in Germania è simile al livello registrato negli Stati uniti. Il secondo puzzle è il "puzzle del reddito": non solo per quanto riguarda i patrimoni, ma anche per quanto riguarda i salari e i redditi, l'aggettivo "sociale" nell'economia tedesca da tempo è stato messo in secondo piano.

Il divario fra i redditi piu' alti e quelli piu' bassi nel nostro paese continua ad ampliarsi. Quasi la metà dei lavoratori tedeschi negli ultimi 15 anni ha dovuto fare i conti con salari che hanno perso un parte del loro potere d'acquisto. La perdita di potere d'acquisto è stata accusata soprattutto dai lavoratori con i salari piu' bassi. 


Solo chi aveva salari piu' alti ha potuto approfittare di un aumento reale delle retribuzioni. A scendere non è stato solo il potere d'acquisto, anche i redditi per la maggior parte dei lavoratori sono cresciuti lentamente; soprattutto perché in Germania c'è un numero insolitamente elevato di persone con un'occupazione precaria o che - spesso involontariamente - hanno un lavoro a tempo. La Germania è uno dei paesi industrializzati con le piu' alte disparità di reddito.

Lo stato tedesco cerca di compensare questo elevato livello di disuguaglianza attraverso la fiscalità e la redistribuzione finanziaria - anche se i suoi sforzi hanno un successo molto limitato. La disuguaglianza dei salari e dei redditi disponibili negli ultimi anni è aumentata notevolmente. Dopo il 2005 questo aumento è stato in parte rallentato dal forte incremento dell'occupazione.


E cosi' la disuguaglianza crescente si riflette anche in un forte aumento del tasso di povertà - soprattutto i piu' anziani e i piu' giovani sono sempre piu' minacciati dalla povertà - così come accade per la diminuzione della giustizia sociale intergenerazionale. Proprio all'ingresso nel mondo del lavoro la disuguaglianza nelle attuali giovani generazioni, per quanto riguarda i patrimoni e i redditi, è chiaramente piu' alta rispetto a quanto accadeva in passato.


La mobilità sociale in Germania resta molto bassa

Il terzo puzzle è il "puzzle della mobilità". Le persone con un basso reddito e una bassa ricchezza raramente sono in grado di migliorare significativamente la loro situazione ed avere quindi "un'ascesa sociale". Una simile situazione di immobilità la si puo' riscontrare anche fra i redditi piu' alti e fra i patrimoni piu' grandi: chi ce l'ha fatta ad ottenere un buon reddito e ad accumulare un buon patrimonio, in Germania ha molte piu' opportunità di mantenere questa posizione rispetto a quanto accade in molti altri paesi.

Il rischio di un declino sociale è molto inferiore rispetto alla media dei paesi OCSE. La ridotta mobilità delle condizioni sociali è particolarmente evidente nel 10% piu' alto e nel 10% piu' basso, cioè nel decile piu' ricco e in quello piu' povero della popolazione. Nel confronto internazionale risulta eccezionale anche la forte interazione fra i valori del reddito e del patrimonio: i cittadini piu' ricchi sono anche quelli con un reddito piu' elevato. Chi ha già molto, riceve anche di piu'. 

Questo basso livello di mobilità sociale interessa anche le generazioni successive: in nessun'altro paese l'origine sociale influenza il proprio reddito come in Germania. In nessun'altro paese il povero resta cosi' spesso povero e il ricco cosi' spesso ricco - per generazioni.

In Germania la metà del reddito di un lavoratore è determinata dal reddito e dal livello di istruzione dei genitori. I figli di genitori ricchi non solo possono sperare in una grande eredità o in donazioni, ma hanno significativamente anche maggiori possibilità di raggiungere un reddito superiore alla media.

I bambini provenienti da famiglie a basso reddito e con un basso patrimonio raramente riescono a raggiungere una posizione sociale migliore rispetto a quella dei genitori. Questa ridotta mobilità negli ultimi decenni è persino diminuita. La classe media tedesca è sicuramente fra i grandi perdenti di questo sviluppo. Si tratta delle persone al centro della società, il cui lavoro spesso è a rischio, i cui salari stanno diminuendo e che hanno poche possibilità di fare della previdenza per la vecchiaia e di costruirsi un patrimonio.

Proprio le persone che fino ad ora sono state la spina dorsale di ogni economia e società - anche della nostra. La disuguaglianza in Germania ha molti volti. Le donne, gli abitanti delle regioni rurali, i tedeschi dell'est, i migranti, le persone appartenenti a famiglie socialmente deboli con un basso livello di istruzione, i genitori single, gli anziani e i bambini - tutti si trovano in una posizione chiaramente peggiore.

E' soprattutto lo stato tedesco ad avere sul lavoro un carico fiscale decisamente piu' forte rispetto a quello che ha sul capitale - il confronto internazionale lo mostra chiaramente. Già da tempo ormai la Germania non è piu' il paese che offre "benessere per tutti". Il "benessere per tutti" si è trasformato in benessere per pochi.



sabato 30 settembre 2017

Intervista a Toncar della FDP sull'unione di trasferimento

Deutschlandfunk.de intervista Toncar della FDP sull'unione di trasferimento e sul discorso di Macron: il deputato ribadisce la contrarietà della FDP "alla creazione di un meccanismo europeo per la redistribuzione automatica delle risorse". Da deutschlandfunk.de


DLF: Herr Toncar, lei è un avvocato. Di fronte alle paure del presidente Macron, ci tiene davvero tanto ad essere considerato l'affossatore?

Toncar: io credo che si possa rassicurare il sig. Macron. La FDP è un partito europeo, chiaramente, e vogliamo contribuire al progetto, come lui del resto. Condividiamo con lui i principi fondamentali delle riforme,  come sempre ci saranno delle discussioni e resteranno sempre delle differenze. Ma ci stiamo avvicinando con un atteggiamento simile, con la volontà di cambiare le cose e affrontare i problemi.

DLF: quanto c'è in Macron che puo' andare d'accordo con la FDP?

Toncar: abbiamo ovviamente delle aree in cui la pensiamo in maniera molto simile, sulla politica di sicurezza, nell'ambito dell'asilo politico, nel controllo delle frontiere, nella difesa dei confini, nel mercato interno digitale. In quello che ha suggerito c'è davvero molto su cui la possiamo pensare allo stesso modo. La differenza principale è sicuramente nel futuro dell'Eurozona. Nei fatti siamo contrari alla creazione di un meccanismo europeo per la redistribuzione automatica delle risorse.

DLF: il suo compagno di partito Wolfgang Kubicki lo ha espresso in maniera molto vivida: "l'idea che possa essere la Germania a dover pagare per tutti, se fossi stato un politico francese l'avrei avuta anche io", dice Wolfgang Kubicki. Quindi la domanda è: per Macron si tratta solo di fare piu' trasferimenti?

Toncar: beh, il bilancio dell'area euro che egli propone è esattamente questo. Per noi si tratta di mettere nelle mani dello stesso soggetto l'azione e la responsabilità, e cioè' gli investitori dovranno assumersi il rischio derivante dai loro investimenti, mentre gli stati che spendono piu' soldi dovranno essere anche responsabili, senza fare il passo piu' lungo della gamba. Questo è un programma che dice: chi agisce, deve anche essere responsabile delle sue azioni

DLF: si tratta del rifiuto a livello europeo della nozione di solidarietà?

Toncar: non è affatto cosi'. Se la solidarietà consiste nel fatto che un investitore sia esentato dal rischio per il suo investimento, allora direi che il concetto di solidarietà è stato stravolto. Solidarietà deve significare: chi investe del denaro, chi presta soldi ad uno stato, deve anche essere responsabile per quel rischio. Chi ha preso una decisione sbagliata, deve anche sopportare delle perdite. Se puoi investire senza rischi, allora dove è la solidarietà.

DLF: che cosa intende quando parla di investimenti senza rischi? Non l'ho ancora capito.

Toncar: un investitore, una banca, una grande assicurazione che prestano denaro ad uno stato e che possono sperare che ci sarà sempre qualcuno a ripagargli il denaro prestato, questo significa investire senza rischi. Avere un profitto garantito senza pero' assumersi alcun rischio. Non esiste in nessun altro luogo del mondo e non si tratta di solidarietà, almeno non la solidarietà che io mi immagino.

DLF: per Macron non si tratta delle banche. Si tratta ad esempio dell'alta disoccupazione e questo è un problema con cui molti paesi devono combattere, soprattutto con un'alta disoccupazione giovanile. Ancora: in questi casi non è necessario praticare la solidarietà?

Toncar: ci sono già oggi molti programmi europei, basta guardare ai fondi strutturali dell'UE o al piano Junker, attraverso i quali le istituzioni europee promuovono le attività economiche nei paesi membri dell'UE. Non mancano i programmi pubblici e non manca certo la volontà degli stati. Mancano piuttosto le strutture che in seguito possano portare alla creazione di posti di lavoro. I posti di lavoro non possono essere decretati per legge, devono crescere sul posto.

DLF: ma manca la conseguenza...

Toncar: sì! Bisogna naturalmente parlare del modo in cui l'Europa puo' essere resa economicamente piu' competitiva. C'è ad esempio il tema del mercato digitale interno, una chiara regolamentazione ad esempio dell'economia di internet, una delle proposte di Herr Macron, interessante in quanto potrebbe generare crescita in futuro. Ma una redistribuzione del denaro che naturalmente porta gli investitori a trovarsi in una condizione di immunità - e questo è l'obiettivo - non servirà certo a creare nuovi posti di lavoro. In questo modo invece di ridurle, le differenze dell'Eurozona sarebbero invece mantenute, approfondite e cementate.

DLF: Herr Toncar, quali sono le proposte di Macron che potrebbero gravare sui negoziati della coalizione, e che forse potrebbero portare anche ad un fallimento definitivo?

Toncar: non c'è nulla che minacci i negoziati, piuttosto ci sono approcci diversi. Io credo che per l'Eurozona dobbiamo trovare una soluzione che sia anche ragionevole e in grado di funzionare. Come Freie Demokraten durante la nostra conferenza programmatica tenutasi dieci giorni prima delle elezioni abbiamo adottato dieci decisioni, e una di queste riguarda l'Eurozona e il principio dell'azione e della responsabilità. Un principio che riguarda il meccanismo di insolvenza per gli stati membri ed è in grado di chiudere le lacune nel processo bancario. Lo abbiamo deciso, e ci crediamo seriamente.

DLF: Bütikofer dei Verdi, sostiene che Juncker e Macron abbiano detto: piu' soldi, piu' Europa. Se vogliamo essere onesti, dopo il discorso di Bruxelles e Parigi, non pensa che sarebbe necessario un discorso di Varsavia o Budapest, e cioè una visione completamente diversa dell'Europa?

Toncar: è giusto. Io credo che in Europa sia necessario discutere apertamente i nuovi approcci, e naturalmente c'è un punto di vista dell'Europa orientale, anche se siamo irritati da cio' che è accaduto nei due paesi citati negli ultimi anni. Sicuramente è necessario condurre una discussione.

DLF: Macron è sulla strada giusto o sta andando fuori carreggiata?

Toncar: Macron vuole modellare l'Europa, la vuole portare avanti, e io la vedo come una possibilità. Naturalmente le diversità nell'approccio non scompariranno immediatamente. Penso che le proposte per l'Eurozona non siano adatte a risolvere i problemi strutturali, abbiamo bisogno invece di approcci diversi in grado di mettere una maggiore enfasi sulle iniziative imprenditoriali. 

DLF: cosi' ha parlato il parlamentare della FDP Florian Toncar. 

mercoledì 27 settembre 2017

L'incubo di Parigi (e Roma) si chiama Lindner

Con un commento sulla FAZ, Holger Steltzner, il condirettore del prestigioso quotidiano di Francoforte risponde al discorso di Macron sul futuro dell'Eurozona e lancia la candidatura di Lindner al Ministero delle Finanze. Il leader della FDP sarebbe l'unico in grado di difendere gli interessi dei contribuenti tedeschi, un vero incubo per Macron. Dalla Frankfurter Allgemeine Zeitung 


Il presidente francese e quello della Commissione Europea si sono messi d'accordo? Oppure è solo un caso che Jean-Claude Juncker abbia tenuto il suo discorso sull'UE pochi giorni prima delle elezioni per il Bundestag ed Emmanuel Macron abbia presentato la sua visione per l'Europa solo due giorni dopo?

Entrambi i presidenti speravano in una prosecuzione della Grande Coalizione e volevano influenzare la formazione del prossimo governo tedesco.  I Nero-Rossi (ma anche Verdi) sarebbero disponibili ad ogni concessione o quasi, pensavano entrambi, perché in caso contrario la Germania finirebbe per rafforzare i partiti piu' radicali nei paesi vicini. 

Lindner sa quanto è importante il Ministero delle Finanze

Ma i nero-rosso-verdi e anche i partner europei avevano fatto i loro conti senza gli elettori tedeschi. Molti dei quali rifiutano la trasformazione dell'Eurozona in una unione di trasferimento perché sanno bene che i falsi incentivi non portano al successo, come del resto tutti possono vedere in Italia, dove in 150 anni di unione di trasferimento il divario fra nord e sud non si è ridotto, bensì è cresciuto.

Per Parigi e Bruxelles (e Roma) c'è un incubo che potrebbe trasformarsi in realtà: una coalizione "Jamaica" con al suo interno la FDP, a proposito un partito pro-europeo, che sotto una nuova leadership prende una posizione chiaramente contraria alla strada sbagliata dell'unione di trasferimento. Con Christian Linder non potrà esserci un proseguimento dell'attuale politica europea, sempre che la FDP non voglia tradire le promesse elettorali ed esserne travolta. Lindner ha imparato dagli errori dei suoi predecessori, conosce l'importanza del Ministro delle Finanze, il ministro che in Europa ha diritto di parola sulle questioni piu' importanti relative alla moneta unica e che nel governo è l'unico in grado di prendere decisioni allo stesso livello con la Cancelliera.

Macron alla Sorbona ha ribadito i suoi piani per un bilancio dell'Eurozona: in altre precedenti occasioni calcolato "in diversi" punti percentuali di PIL e definito come "un minimo di solidarietà". Si tratta di una quantità inimmaginabile di denaro, sono centinaia di miliardi di euro. Il Ministro delle Finanze dell'Eurozona avrebbe il controllo sull'utilizzo delle risorse provenienti dalla tassazione, un diritto fondamentale dei parlamenti nazionali che di fatto verrebbe cancellato. Macron vorrebbe anche un fondo sociale dell'UE e un adeguamento dei salari minimi e delle imposte sulle società.

Sulla lunga strada che conduce alla "Jamaika" la Cancelliera Angela Merkel (CDU) nei difficili negoziati di coalizione dovrà necessariamente venire incontro alle richieste dei partner di coalizione, FDP, Verdi e CSU. I liberali come secondo partner piu' importante dovrebbero chiedere il Ministero delle Finanze. Li' il segretario Lindner dovrebbe garantire una politica europea migliore e una maggiore concorrenza nell'UE, sempre che la FDP non intenda tradire i propri elettori.

martedì 26 settembre 2017

Hainer Flassbeck: finiremo per rimpiangere Schäuble

Hainer Flassbeck su Makroskop commenta le elezioni politiche: per il grande economista tedesco Angela Merkel avrebbe dovuto dare le dimissioni già domenica sera, Schulz è stato e sarà ininfluente, con la coalizione "Jamaika" ci aspettano tempi di grande instabilità, mentre se la FDP di Lindner dovesse ottenere il Ministero delle Finanze, saremmo costretti a rimpiangere Schäuble. Da Makroskop.de


In quattro anni puo' succedere di tutto. Dopo le elezioni del 2013 c'era una maggioranza a sinistra del centro e una leadership socialdemocratica un po' piu' coraggiosa avrebbe potuto prendere l'iniziativa e formare un governo con i Verdi e la Linke. Un governo in grado di superare lo stallo interno e dare nuovo slancio, soprattutto in Europa. Sarebbe stato anche possibile spingere Angela Merkel in un governo di minoranza, cercando di cambiare la politica del governo dall'opposizione. Data la mancanza di coraggio si è scelta la strada piu' agevole: entrare in una Grande Coalizione e per un periodo di tempo infinitamente lungo si è lasciato che accadessero cose che contraddicevano i veri valori e i veri obiettivi socialdemocratici.

E oggi i socialdemocratici sono davanti ad un cumulo di rovine, sebbene la CDU/CSU, il suo avversario principale, abbia raggiunto il peggior risultato della sua storia recente. Ci si puo' solo chiedere quanta birra gratis sia stata spillata ieri sera prima delle 18:00 alla Willi-Brandt-Haus per spingere i compagni presenti ad applaudire con gioia il discorso del segretario del partito. La SPD ha perso tutte le opzioni politiche ragionevoli, e almeno questo è stato riconosciuto dalla leadership del partito. Per il resto continueranno a fare esattamente quello che hanno fatto fino ad ora, perché fare affidamento sul restare all'opposizione, senza avere a disposizione concetti politici alternativi, renderà ancora piu' difficile un riposizionamento politico efficace nei confronti di una coalizione politicamente variegata come quella "Jamaicana".

Il commento piu' assurdo della serata di ieri è stata senza dubbio la formula ripetuta da tutti i socialdemocratici, quasi come se fosse un giuramento: "vinciamo insieme e perdiamo insieme". Bisogna pensare ad una squadra di calcio in lotta per la retrocessione in cui nessuno è disponibile ad assumersi la responsabilità per la debacle. Cio' significa implicitamente anche che non siamo in grado di cambiare alcunché, perché al vertice del partito, sin dall'inizio, nella migliore delle ipotesi c'era un figurante, non una personalità in grado di assumersi la responsabilità oggettiva per un programma ben definito. Jeremy Corbyn si sarebbe sicuramente dimesso se avesse perso le elezioni in questo modo, perché era stato lui a delineare il nuovo programma dei socialdemocratici britannici. Martin Schulz non ha dato nulla, di conseguenza non gli si può' nemmeno togliere nulla.

Angela Merkel ieri sera nella tavola rotonda televisiva dei candidati è sembrata infinitamente stanca e frustrata. Anche lei si sarebbe dovuta dimettere ieri sera, perché - e lei stessa lo ha realizzato durante la trasmissione - tutto ciò' che accadrà d'ora in poi non potrà piu' essere gestito con la sua famosa "attenzione per i dettagli". Non solo sarà molto difficile dal punto di vista dei contenuti, ma anche e soprattutto perché il segretario dei Liberali è un pallone gonfiato e ogni decisione si trasformerà in una battaglia che non vorrei augurare a nessuno.

E questo accade in una società che soprattutto in questa campagna elettorale ha mostrato di aver completamente perso la misura per il significato delle cose. Non solo nella discussione fra Merkel e Schulz, ma in quasi tutte le discussioni elettorali confezionate dai media, la questione dei rifugiati è stata trattata come un tema vitale per il destino della Germania. Fatto che ha offerto ad AfD un meraviglioso terreno fertile per il suo chiacchiericcio nazionalista. Non so quante volte la Cancelliera abbia già risposto alla domanda sulla sua decisione del 2015 in merito all'ingresso dei rifugiati, ma quando ieri ha sentito che il partito neo-eletto in parlamento come primo atto politico intende avviare una commissione d'inchiesta su molte delle decisioni prese negli ultimi anni, si sarà sicuramente chiesta se anche per lei non ci sia un prezzo troppo alto da pagare.

Non c'è da meravigliarsi se Angela Merkel nel corso della discussione in realtà si sia trovata d'accordo solo con Katja Kipping della Linke, la quale lamentava una eccessiva attenzione per il tema dei rifugiati in campagna elettorale e sollecitava piuttosto una discussione urgente sulle questioni di sostanza. Temi sociali, disuguaglianza, ampliamento del divario sociale, povertà e pensioni, infrastrutture fatiscenti per la mancanza di investimenti pubblici, oppure lo stato deplorevole dell'Europa; tutto è passato in secondo piano, perché il giornalismo tedesco e in particolare i media pubblici, con un inedito errore di valutazione, hanno messo la questione dei rifugiati al di sopra di tutto.

Io non credo affatto che nella maggioranza dei giornalisti ci sia un esplicito orientamento a destra, ma il tema è semplice e a portata di mano, le domande non sono difficili e le differenze fra i partiti sono chiare. Perché avventurarsi su dei temi complessi come la politica economica e finanziaria europea quando è possibile inscenare uno spettacolo decisamente migliore con un argomento cosi' semplice?

Quello che ora accadrà, sarà di una insignificanza senza precedenti. Angela Merkel proporrà di andare avanti come se nulla fosse accaduto, ma i Verdi come partner piu' debole di una eventuale coalizione "Jamaika" si batteranno per ogni millimetro di terreno sui temi del cambiamento climatico, mentre la FDP insisterà su ogni minimo provvedimento concernente l'arretramento del perimetro dello stato. Questa di per sé è già una contraddizione fondamentale, anche se nella retorica a volte si somigliano. La FDP vorrà fare emergere ad ogni costo il suo profilo politico e insisterà per privatizzare in ogni settore e per rafforzare le piccole e medie imprese tedesche, politiche che da un lato contribuiranno a far aumentare la disuguaglianza e dall'altro rafforzeranno gli errori del passato, soprattutto nel settore delle pensioni.

La posizione della FDP sulla politica europea è decisamente negativa, mentre i Verdi su questo tema presumibilmente non sono cosi' forti da poter evitare il peggio. I liberali invece insistono per responsabilizzare ogni singolo stato per gli errori degli anni passati, non hanno mai sentito parlare di un problema sul lato tedesco dell'unione monetaria e vorrebbero implementare immediatamente un procedimento di insolvenza ordinata per gli stati della zona euro. Poiché non hanno un'idea di politica economica degna di questo nome, rifiuteranno tutte le conoscenze a cui negli ultimi anni nemmeno gli ambienti piu' conservatori sono riusciti a sottrarsi. Se Christian Lindner dovesse veramente assumere il ruolo di Ministro delle Finanze e riuscisse anche ad imporre la sua linea politica, allora saremmo tutti costretti a rimpiangere Wolfgang Schäuble.

domenica 24 settembre 2017

Quel grave errore di valutazione sui rifugiati

Solo una piccola parte dei rifugiati arrivati in Germania nel corso del 2015 è riuscita a trovare un lavoro. Non si trattava di medici e ingegneri siriani, come ci spiegavano i media esuberanti all'epoca, e il miracolo economico di cui tanto si parlava, ancora non si è visto. Un commento di Sven Astheimer sulla FAZ.net


Le affermazioni sono molto simili. Durante l'esposizione dell'auto, in corso in questi giorni a Francoforte, Dieter Zietsche ha espresso la ferma volontà di voler essere "una parte della soluzione" del problema. Due anni fa l'Amministratore Delegato di Daimler dal palco di Francoforte aveva inviato al mondo intero un messaggio simile, solo che allora il problema era un altro. Mentre oggi l'industria automobilistica subisce una grande pressione, e a causa dell'enorme discredito dei motori diesel dovrà rapidamente riorientarsi verso i motori elettrici, nell'autunno del 2015 c'era solo un argomento: la crisi dei rifugiati.

Dopo la decisione della Cancelliera tedesca di accogliere i rifugiati bloccati in Ungheria e provenienti dal mondo arabo, centinaia di migliaia di persone si sono sentite invitate e si sono messe in cammino sulla rotta balcanica in direzione Germania. Alla fin dell'anno erano circa 900.000. E' stato il momento in cui il governo tedesco ha perso il controllo sul numero di persone che stavano entrando nel paese e su chi erano i nuovi arrivati. "Possiamo farlo", raramente una citazione della Cancelliera ha polarizzato cosi' tanto la popolazione come in quei giorni.

I migranti economici hanno bisogno di una prospettiva

Il manager automobilistico Zetsche in quell'occasione e in quel clima surriscaldato aveva parlato del coraggio della Cancelliera e aveva addirittura sottolineato la possibilità di un "nuovo miracolo economico" nel caso in cui si fosse riusciti ad integrare i rifugiati nel mercato del lavoro. Non era affatto solo. Gli economisti calcolavano diligentemente che l'inattesa offerta di capitale umano, soprattutto giovane, sarebbe stata una benedizione per la popolazione tedesca, invecchiata e in costante calo. I profughi come risposta alla mancanza di figure professionali e al cambiamento demografico?

Cio' che è assurdo in questa equazione è che si mettono in relazione fra loro due cose nettamente separate: la migrazione per motivi umanitari e quella sulla base di considerazioni economiche. Il primo è un atto di solidarietà internazionale nei confronti di persone minacciate e perseguitate, la seconda dal punto di vista dello stato accogliente un elemento fondamentale per l'economia nazionale. Mentre l'asilo è un diritto temporaneo, i migranti economici per poter restare devono avere una prospettiva permanente.

Gli esperti avevano avvisato fin dall'inizio

La politica ha preferito tenersi alla larga dalle discussioni su questa distinzione. Solo verso la fine della campagna elettorale è stato possibile ascoltare voci come quella del leader della FDP Christian Lindner, il quale ha ribadito la prospettiva temporanea del diritto d'asilo e allo stesso tempo l'importanza di avere un sistema di immigrazione chiaro. La Grande Coalizione, al contrario, sull'argomento ha preferito tacere temendo di portare acqua al mulino di AfD.

Due anni dopo il grande arrivo, la cultura del benvenuto di allora ha fatto spazio ad una nuova forma di disincanto. I veri esperti avevano messo in guardia sin dall'inizio su quanto difficile potesse essere l'integrazione dei rifugiati in una economia complessa che si stava preparando per il passaggio all'era digitale. Perché la maggior parte dei nuovi arrivati sono persone con qualificazioni inadeguate e con nessuna conoscenza del tedesco, e non ingegneri o medici siriani, come invece spesso riportavano all'epoca certi racconti particolarmente esuberanti.

Molti fattori impediscono l'integrazione

Al momento in Germania ci sono circa 150.000 persone provenienti dai principali paesi d'asilo che hanno trovato un lavoro socialmente assicurato, soprattutto nel settore dei servizi, come nella ristorazione, nelle pulizie, nella logistica o nel lavoro temporaneo, spesso definiti dai politici di sinistra come i peggiori settori. A fronte di questi, ci sono circa 200.000 disoccupati che percepiscono sussidi Hartz IV. Un altro quarto di milione è ancora alla ricerca di un lavoro, ma partecipa ai corsi di lingua e qualificazione e pertanto non compare in queste statistiche, la tendenza sta aumentando. 

Un successo rapido non è in vista, anzi: le esperienze mostrano che spesso molti corsi di lingua non vengono conclusi con il livello desiderato. Non di rado i partecipanti a un certo punto scompaiono e non si presentano piu'. Inoltre i diversi Arbeitsamt si lamentano del fatto che alcuni Laender non controllano efficacemente il rispetto dei requisiti di residenza. Se un rifugiato improvvisamente per conto proprio si trasferisce dalla Baviera al Bacino della Ruhr, probabilmente la sua ricerca di lavoro è destinata a fallire. Il programma degli "ein-euro-Job" per i rifugiati, introdotto dal Ministro Nahles, nel frattempo si è rivelato un flop. Soprattutto perché per queste semplici attività i comuni spesso non hanno trovato i candidati che cercavano - sia perché non erano adatti, sia perché agli occhi dei richiedenti asilo si trattava di compiti troppo bassi.

Un miracolo economico causato dai rifugiati non è in vista. Se oggi alcuni di loro riescono a sostenersi con le proprie forze, bisogna ringraziare soprattutto un mercato del lavoro particolarmente robusto. Ma la buona situazione economica non è una legge naturale. Sarebbe già un grande successo se dopo 5 anni la metà dei rifugiati rimanenti avesse un lavoro con cui pagarsi da vivere. La lunga strada verso l'integrazione richiede tempo e costa molto denaro. Sostenere qualcosa di diverso sarebbe un errore fatale.