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sabato 15 giugno 2019

Heiner Flassbeck - Il paziente italiano in terapia intensiva?

"L'output gap e il prodotto potenziale...e mi dispiace, sono solo una stupidaggine, una specie di economia da scuola materna che non migliora anche se si fa accompagnare da un grande frastuono e se si dà un rivestimento scientifico con degli enormi calcoli matematici", scrive il grande economista tedesco Heiner Flassbeck in riferimento allo scontro in corso fra governo italiano e commissione europea. Per Flassbeck i dogmi europei dell'output-gap e del prodotto potenziale sono pura ciarlataneria al servizio di un preciso obiettivo politico. Ne scrive Heiner Flassbeck su Makroskop.


L'Italia è il nemico preferito della Germania. È mera gelosia, sono solo pregiudizi oppure è semplicemente la stupidità che impedisce un'analisi ragionata della politica italiana e dei suoi problemi di integrazione in Europa?

Non vi è alcun dubbio che i media tedeschi e la politica tedesca su nessun'altro tema si siano sbagliati collettivamente cosi' tanto come è accaduto con il caso dell'Italia. Ogni volta che si riaccende la discussione sul nostro vicino del sud si alza una marea di pregiudizi che minaccia di travolgere chiunque provi ad usare la propria testa. Sì, è esattamente come avevo già sottolineato qualche mese fà in una serie di articoli (qui la prima parte) e non è esagerato dire che nei confronti  dell'Italia sembra non esservi alcuna remora, mentre contro il "nemico storico" francese nessuno osa mostrare così apertamente i propri risentimenti nazionalisti.

La situazione italiana non è molto cambiata rispetto a quella descritta la scorsa estate in dettaglio (qui). Ma la netta vittoria alle elezioni europee della Lega (dai media tedeschi regolarmente etichettata come "populista" o "nazionalista") e le rinnovate richieste di un allentamento delle regole del Patto di stabilità e crescita, in Germania hanno scatenato una nuova ondata di prese di posizione alquanto assurde o stupide (come qui e qui).

La Commissione ha completamente fallito

Ma come è possibile incolpare dei giornalisti impreparati se la Commissione europea, con le sue centinaia di "esperti", non è in grado di comprendere alcune semplici relazioni economiche? Nella sua ultima relazione sull'Italia, la Commissione dimostra ancora una volta in maniera impressionante di non aver davvero capito nulla di ciò di cui ormai si discute da anni e che invece contrasta apertamente con la sua semplice visione del mondo.

Sembra che, soprattutto nel caso dell'Italia, le forze appena un po' più razionali presenti all'interno della Commissione vengano completamente marginalizzate. Vi è un tentativo violento per impedire alla Lega (e ai "populisti") di assestare un colpo liberatorio (nel senso di una modifica fondamentale al Patto di stabilità e crescita) che potrebbe servire da modello anche per gli altri paesi. Poiché le cose stanno così, non si può certo escludere che "i paesi nordici interessati", come ad esempio la Germania e i Paesi Bassi, abbiano posto la Commissione sotto una forte pressione in modo da non farla retrocedere di un millimetro sull'argomento.

Nella sua relazione, la Commissione scrive infatti:

“Italy’s potential growth is estimated to have increased in 2018, to 0.5% (up from 0.2% in 2017), but to slow down again to 0.3% in 2019 before picking up to 0.5% in 2020. Overall, it remains very low. As a result, Italy’s negative output gap is estimated by the Commission to have closed in 2018, to -0.1% of potential GDP, from -0.5% in 2017, but to widen again to -0.3% in 2019 due to the starker deceleration in actual GDP growth, before closing again in 2020. Despite progress achieved in some reform areas (e.g. labour market and public administration, fight against tax evasion, banks‘ balance sheet repair), the legacy of the crisis and persistent structural weaknesses keep weighing on Italy’s growth potential. …Italy’s real GDP has hardly recovered to the pre-crisis level, while real GDP in the rest of the euro area is now 21% higher than in 2004. More in detail, Italy’s average annual growth rate was 0.1% over 2004-2018, compared with 1.5% in the euro area excluding Italy.”

Questo è veramente troppo anche per gli standard delle grandiose sciocchezze del mainstream economico. La Commissione calcola una "crescita potenziale" che varia di anno in anno e si adatta alla situazione economica. Nel 2019, tuttavia, vi sarà una battuta d'arresto puramente ciclica per tutta l'Europa, che interesserà quasi tutti i paesi e che in nessun paese potrà incidere sul tasso potenziale di crescita.

Non vi è alcun prodotto potenziale e nessun gap di output

Ma il concetto di un "gap di output" (un gap di produzione) sarebbe un'idea inutile anche se si riferisse a un periodo di tempo più lungo. Il concetto di output-gap implica infatti che esista un tasso di crescita potenziale determinato dalle condizioni strutturali di un'economia. La capacità risultante sarà utilizzata in maniera piu' o meno forte su "base ciclica". L'output-gap dovrebbe valutare se un'economia può ancora essere stimolata con delle misure economiche (ovvero la politica della domanda) senza tensioni reali (come il surriscaldamento dei prezzi), che potrebbero innescare l'inflazione.

Il concetto di conseguenza implica che un'economia non possa essere stimolata ad investire di più e quindi a crescere di piu' con delle misure economiche. Tutto cio, e mi dispiace, è solo una stupidaggine, una specie di economia da scuola materna che non migliora anche se accompagnata da un grande frastuono e se si dà un rivestimento scientifico con degli enormi calcoli matematici. Non vi è separazione tra andamento dell'economia e crescita. È vero esattamente il contrario, solo chi ha una congiuntura positiva potrà registrare un miglioramento della crescita e dello sviluppo economico. Una radicale ripresa dell'attività dell'economia nel suo complesso, che può essere raggiunta solo attraverso una buona congiuntura economica, accresce le opportunità di crescita e allo stesso tempo l'utilizzo della capacità dell'economia.

Dopotutto questa parte della critica è evidente anche nella discussione anglosassone (come riporta il Financial Times). È assolutamente ridicolo che la Commissione europea per Germania e Italia calcoli un output-gap quasi identico, sebbene la disoccupazione in Italia sia molto più alta. Questo, a sua volta, è assurdo anche sotto le condizioni ordinarie dettate dal mainstream, perché è necessario considerare che un possibile rischio di inflazione è legato al livello di disoccupazione. E ciò rende impossibile lo stesso rischio di inflazione per Germania e Italia, soprattutto se si crede nel mercato del lavoro neoclassico.

L'Italia nella trappola tedesca

L'Italia - come abbiamo più volte dimostrato - a causa della politica tedesca di dumping salariale all'interno dell'eurozona è stata spinta verso il  basso e di conseguenza ha perso quote di mercato. Questi effetti negativi sullo sviluppo economico non sono stati compensati dall'andamento interno, in quanto le condizioni dettate dall'Unione monetaria europea hanno imposto alla politica del paese una massiccia pressione sui salari con l'obiettivo di non perdere altro terreno nei confronti della Germania. Ciò non ha nulla a che fare con la "struttura" nel suo senso abituale, e le cui conseguenze nel breve periodo possono essere compensate solo attraverso una politica fiscale espansiva.

Se scegliamo di argomentare sulla base dei saldi finanziari possiamo risparmiarci tutti questi discutibili esercizi con i gap di produzione e il potenziale di crescita. In Italia, come evidenziato dai suoi saldi finanziari (figura 1), non vi è alcuna possibilità di stimolare l'economia dal punto di vista del mercato. Se anche in presenza di tassi di interesse estremamente bassi, le imprese continuano a risparmiare così tanto come stanno facendo in Italia, tutti gli argomenti tradizionali contro un maggior debito pubblico, usati e presupposti dalla Commissione, diventano obsoleti. In altre parole, gli argomenti lungo le tradizionali linee del Trattato di Maastricht o del Patto di stabilità e crescita sono fin dall'inizio inutili, poiché le condizioni necessarie per la validità di tali argomentiazioni semplicemente non sono date.



L'Italia semplicemente non può ampliare il suo surplus di conto corrente, perché in una unione monetaria ciò è possibile solo con dei tagli salariali nei confronti della Germania. Ma ciò significherebbe solo che - come è già accaduto in Grecia -  la domanda interna crollerebbe ulteriormente causando dei danni di gran lunga maggiori rispetto a quello che si potrebbe ottenere con i guadagni nel commercio estero. La sola possibilità di conseguenza è fare in modo che con un aumento del debito pubblico la domanda non continui a scendere a causa del risparmio delle famiglie e delle imprese. Lo Stato deve sopperire alle oscillazioni della domanda in ogni periodo, indipendentemente dal livello del proprio debito corrente. Le "misure strutturali" non cambiano questa logica, nella misura in cui non sono in grado di modificare radicalmente il comportamento delle imprese. Le misure strutturali non sono nemmeno finalizzate a ciò, motivo per cui non c'è nemmeno bisogno di parlarne.

Gli economisti hanno fallito

Sfortunatamente bisogna affermare che la maggior parte degli economisti italiani formati e cresciuti dal pensiero mainstream stanno fallendo nel tentativo di valutare e comprendere la situazione del loro paese. Un'analisi macroeconomica coerente è presente solo in alcuni piccoli circoli, per questo la politica, ogni volta che lancia una proposta nella giusta direzione, viene pesantemente criticata, anche nel proprio paese. E questo ancora una volta apre porte e portoni a coloro che non apprezzano la direzione politica complessiva del paese e che fin dall'inizio non hanno mai inteso muovere una critica all'Europa o a un paese vicino.

Dato che anche per la Francia si può fare una diagnosi simile, l'Europa è ormai paralizzata e incapace di liberarsi da questa miseria che continua a crescere. La figura 2 mostra che le aziende in Francia hanno una situazione meno problematica, ma il paese ha un deficit di conto corrente che costringe lo stato a intervenire.


Coloro che ricorrono a questo tipo di analisi non possono mai commettere l'errore di trattare un paese come se fosse un'economia perfettamente chiusa e limitare le terapie solo alle misure nazionali. Anche le aziende, che nell'analisi del mainstream tradizionale semplicemente non compaiono perché si ritiene si siano comportate nel senso tradizionale (come debitore e investitore) e quindi correttamente, non possono più essere trascurate. Chiunque - come ad esempio la Commissione o i politici responsabili dei "paesi interessati" - fa finta che tutto ciò non esista, è il vero becchino dell'Europa.

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sabato 25 maggio 2019

Heiner Flassbeck - L'Europa che avevo in mente

"Per la Germania, l'Europa non sarà più la risposta, ma un grande punto interrogativo" scrive il grande economista Heiner Flassbeck facendo riferimento alle elezioni di domenica. Secondo Flassbeck ormai anche per i tedeschi è arrivato il momento della resa dei conti e presto Berlino si troverà ad affrontare un quadro politico decisamente piu' difficile e sfavorevole ai propri interessi. Un commento molto interessante di Heiner Flassbeck da Makroskop


L'Europa che avevo in mente...doveva essere un'Europa in cui le persone si trattano reciprocamente in maniera onesta e in modo equo. Sfortunatamente non esiste. La campagna elettorale per le europee del centro politico aveva solo un obiettivo: sopprimere brutalmente la verità.

Si dice che la prima vittima di ogni guerra sia la verità. Questo principio si applica sempre di più anche alle campagne elettorali. Da quando i partiti di governo del centro politico hanno identificato i "populisti" come i loro oppositori, in materia di verità non c'è piu' alcuna tolleranza. Se si tratta di Europa, dove i populisti per loro natura sono anche nazionalisti, si continua a mentire - per un buon motivo, naturalmente! - anche sui media pubblici e senza alcuna remora.

Ma a voler essere onesti, di cosa avremmo dovuto parlare in questa campagna elettorale del 2019? Beh, certo, si sarebbe dovuto parlare della crisi dell'euro, che non è né superata né elaborata intellettualmente o politicamente. L'espressione più evidente della crisi in atto è il chiaro rallentamento della crescita nell'Europa meridionale, compresa la Francia, e la conseguente disoccupazione ancora elevata.

La vergogna...

Il confronto fra la disoccupazione in America e nell'Eurozona ci mostra il grandioso fallimento dell'Europa negli ultimi anni.


Sotto Obama e Trump, a partire dal 2010, il tasso di disoccupazione ha continuato a scendere e nel 2018 negli Stati Uniti la disoccupazione ha raggiunto un livello che nel confronto di lungo periodo può essere considerato un livello di pieno impiego. Nell'unione monetaria, invece, la disoccupazione è ancora a un livello estremamente lontano da una situazione occupazionale che potremmo definire soddisfacente. Ciò vale in particolar modo se dai paesi dell'unione monetaria si esclude la Germania, ottenendo in questo modo un tasso del 10%. Francia e Italia sono ancora al di sopra del livello del 2009. Solo in Germania a partire dal 2009 la disoccupazione ha continuato a diminuire mostrando così una tendenza simile a quella degli Stati Uniti.

Questa drammatica discrepanza tra il più grande paese membro e altri paesi comparabili come Francia e Italia non sarebbe stata forse degna di essere  tematizzata e discussa? Non è proprio questa la causa decisiva del rafforzamento dei movimenti e dei partiti nazionalisti? Non sarebbe stato forse opportuno discutere apertamente di ciò che nella politica economica europea ha funzionato cosi' male, tanto da rendere possibile un risultato del genere.

...si continua a mettere la polvere sotto il tappeto

Ma in tutta la campagna elettorale, per quanto sia stato possibile seguirla, non se ne è parlato. Sia per i candidati europei alla guida della commissione che per i politici nazionali, l'economia e la politica economica non hanno avuto alcun spazio. Anche il sistema monetario europeo non è stato affatto tematizzato, come gli enormi avanzi delle partite correnti tedesche o la folle austerità che la Germania ha imposto agli altri paesi (e a se stessa). Ho visto diverse trasmissioni in cui i moderatori hanno dichiarato apertamente di voler parlare solo di immigrazione, di cambiamenti climatici, di problemi sociali e di nient'altro. La politica economica ovviamente era già stata messa all'indice a priori, proprio perché l'obiettivo era quello di nascondere qualsiasi spiacevole verità sullo sviluppo europeo degli ultimi anni.

Probabilmente non era stato concordato in modo esplicito, ma non vi è alcun dubbio che fra i registi della campagna elettorale esiste un tacito accordo sul fatto che non si deve dare la possibilità agli elettori di pensare all'Europa in maniera critica. A ciò si adattano perfettamente le enormi masse di programmi con le quali le emittenti del servizio pubblico hanno coperto intere serate televisive come se si trattasse di un feuilleton e "hanno mostrato" quanto sia colorata, eccitante e bella questa sconfinata Europa - se si riuscisse almeno ad ignorare tutte le aree problematiche.

Ho già scritto in una lettera aperta del 2017 che l'occultamento sistematico e deliberato dei problemi non è nient'altro che una menzogna. Se so che il mio comportamento è accolto dai miei vicini con delle critiche aspre, e io mi rifiuto anche solo di parlarne, si tratta di una bugia o di disonestà? Se io ogni volta infrango le regole comuni, ma continuo a chiedere agli altri di rispettare le regole, che cos'è: sfrontatezza o pura insolenza?

La Germania viene glorificata...

Nel 2017 avevo già inviato una lettera aperta al Presidente della Repubblica in quanto egli in più occasioni aveva messo in guardia dal trattare la verità con troppa leggerezza. Questo stesso Presidente della Repubblica ora scrive in merito alle elezioni europee:

"La Germania è un grande vincitore dell'unificazione europea. Basta dare uno sguardo agli uffici e ai capannoni industriali del nostro paese. La nostra economia beneficia del mercato interno. Beneficia anche della moneta unica. E beneficia anche del sostegno dell'Europa ad un commercio mondiale libero ed equo. Un'Europa forte ci garantisce una lista degli ordinativi piena; e questo genera prosperità e posti di lavoro ".

E aggiunge - apparentemente senza arrossire:

"Allo stesso tempo, l'Unione Europea è qualcosa di più di un'area economica di successo."

Bisogna immaginarselo. Il presidente di un paese che per più di un decennio si è risanato economicamente a spese dei suoi vicini (per questa politica egli ha una responsabilità personale, a tal proposito un pezzo del 2013 ) ora si crogiola sui successi del mercantilismo tedesco. Sì, la Germania beneficia della moneta unica perché, come non aveva fatto nessun altro paese prima di allora, sotto la guida di un governo rosso-verde ha spudoratamente ingannato i suoi vicini e svenduto le proprie merci. Ed egli ora afferma che il resto d'Europa è un'area economica di successo: di fronte a tanta audacia si può apertamente parlare di una palese menzogna.

... anche se per questo si deve mentire

E tutto ciò non ci deve sorprendere dato che anche i sindacalisti tedeschi hanno elevato il diniego e la rimozione dei vecchi peccati al rango di programma di vita e alle elezioni molti di loro si sono mischiati agli acclamatori dell'Europa. Che si tratti dei funzionari provenienti dalla provincia (criticati qui da Albrecht Müller) o del segretario di Ver.di (criticato ieri da Friederike Spiecker), non è più nemmeno decisivo. Tutti si uniscono alla coro della buona Europa, che non deve essere lasciata alla destra.

Ma chiunque menta apertamente, nasconda la verità o addirittura allontani deliberatamente la discussione dai veri problemi, sta facendo un cattivo servizio all'Europa. La massa della gente non può essere sempre fatta passare per stupida. Nei paesi che a causa della politica tedesca hanno sofferto direttamente, non è più così facile, come accadeva un tempo, rivendere la fiaba dei "problemi strutturali" a causa dei quali questi paesi avrebbero sofferto, diversamente da quanto è accaduto alla Germania. I "compiti a casa" devono farli gli altri paesi; ancora oggi è il motto preferito dai tedeschi quando si parla della crisi europea. Tanta arroganza tedesca come quella sperimentata nell'ultimo decennio, il mondo non la vedeva da quasi cento anni.

Questa fiaba tuttavia non poteva durare ancora a lungo perché gli economisti nella maggior parte dei paesi sono allineati al mainstream, secondo il quale ognuno è sempre artefice della propria fortuna. Gli economisti più colti avrebbero dovuto capirlo sin dall'inizio che la "Sonderweg" della politica salariale tedesca all'interno di un'unione monetaria è un errore fatale. Ma ora che anche alcune parti della Commissione e della BCE hanno capito cosa sia effettivamente successo, la Germania, con il potere del paese in surplus, impone agli altri la sua primitiva visione del mondo senza prendere in considerazione le perdite.

Ma le condizioni stanno cambiando. Da questo lato del Reno ti puoi anche rallegrare e puoi continuare a manipolare la verità quanto ti pare, ma l'ingenuità con cui Emanuel Macron ha cercato di trovare un accordo con la Germania usando la  diplomazia e lanciando delle proposte inoffensive ormai fa parte del passato. Lui e le altre "forze del centro" dopo l'elezione di domenica capiranno che devono diventare molto più radicali se vogliono salvare l'Europa e loro stessi. Per la Germania, l'Europa non sarà più "la risposta", ma un grosso punto interrogativo.


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martedì 26 settembre 2017

Hainer Flassbeck: finiremo per rimpiangere Schäuble

Hainer Flassbeck su Makroskop commenta le elezioni politiche: per il grande economista tedesco Angela Merkel avrebbe dovuto dare le dimissioni già domenica sera, Schulz è stato e sarà ininfluente, con la coalizione "Jamaika" ci aspettano tempi di grande instabilità, mentre se la FDP di Lindner dovesse ottenere il Ministero delle Finanze, saremmo costretti a rimpiangere Schäuble. Da Makroskop.de


In quattro anni puo' succedere di tutto. Dopo le elezioni del 2013 c'era una maggioranza a sinistra del centro e una leadership socialdemocratica un po' piu' coraggiosa avrebbe potuto prendere l'iniziativa e formare un governo con i Verdi e la Linke. Un governo in grado di superare lo stallo interno e dare nuovo slancio, soprattutto in Europa. Sarebbe stato anche possibile spingere Angela Merkel in un governo di minoranza, cercando di cambiare la politica del governo dall'opposizione. Data la mancanza di coraggio si è scelta la strada piu' agevole: entrare in una Grande Coalizione e per un periodo di tempo infinitamente lungo si è lasciato che accadessero cose che contraddicevano i veri valori e i veri obiettivi socialdemocratici.

E oggi i socialdemocratici sono davanti ad un cumulo di rovine, sebbene la CDU/CSU, il suo avversario principale, abbia raggiunto il peggior risultato della sua storia recente. Ci si puo' solo chiedere quanta birra gratis sia stata spillata ieri sera prima delle 18:00 alla Willi-Brandt-Haus per spingere i compagni presenti ad applaudire con gioia il discorso del segretario del partito. La SPD ha perso tutte le opzioni politiche ragionevoli, e almeno questo è stato riconosciuto dalla leadership del partito. Per il resto continueranno a fare esattamente quello che hanno fatto fino ad ora, perché fare affidamento sul restare all'opposizione, senza avere a disposizione concetti politici alternativi, renderà ancora piu' difficile un riposizionamento politico efficace nei confronti di una coalizione politicamente variegata come quella "Jamaicana".

Il commento piu' assurdo della serata di ieri è stata senza dubbio la formula ripetuta da tutti i socialdemocratici, quasi come se fosse un giuramento: "vinciamo insieme e perdiamo insieme". Bisogna pensare ad una squadra di calcio in lotta per la retrocessione in cui nessuno è disponibile ad assumersi la responsabilità per la debacle. Cio' significa implicitamente anche che non siamo in grado di cambiare alcunché, perché al vertice del partito, sin dall'inizio, nella migliore delle ipotesi c'era un figurante, non una personalità in grado di assumersi la responsabilità oggettiva per un programma ben definito. Jeremy Corbyn si sarebbe sicuramente dimesso se avesse perso le elezioni in questo modo, perché era stato lui a delineare il nuovo programma dei socialdemocratici britannici. Martin Schulz non ha dato nulla, di conseguenza non gli si può' nemmeno togliere nulla.

Angela Merkel ieri sera nella tavola rotonda televisiva dei candidati è sembrata infinitamente stanca e frustrata. Anche lei si sarebbe dovuta dimettere ieri sera, perché - e lei stessa lo ha realizzato durante la trasmissione - tutto ciò' che accadrà d'ora in poi non potrà piu' essere gestito con la sua famosa "attenzione per i dettagli". Non solo sarà molto difficile dal punto di vista dei contenuti, ma anche e soprattutto perché il segretario dei Liberali è un pallone gonfiato e ogni decisione si trasformerà in una battaglia che non vorrei augurare a nessuno.

E questo accade in una società che soprattutto in questa campagna elettorale ha mostrato di aver completamente perso la misura per il significato delle cose. Non solo nella discussione fra Merkel e Schulz, ma in quasi tutte le discussioni elettorali confezionate dai media, la questione dei rifugiati è stata trattata come un tema vitale per il destino della Germania. Fatto che ha offerto ad AfD un meraviglioso terreno fertile per il suo chiacchiericcio nazionalista. Non so quante volte la Cancelliera abbia già risposto alla domanda sulla sua decisione del 2015 in merito all'ingresso dei rifugiati, ma quando ieri ha sentito che il partito neo-eletto in parlamento come primo atto politico intende avviare una commissione d'inchiesta su molte delle decisioni prese negli ultimi anni, si sarà sicuramente chiesta se anche per lei non ci sia un prezzo troppo alto da pagare.

Non c'è da meravigliarsi se Angela Merkel nel corso della discussione in realtà si sia trovata d'accordo solo con Katja Kipping della Linke, la quale lamentava una eccessiva attenzione per il tema dei rifugiati in campagna elettorale e sollecitava piuttosto una discussione urgente sulle questioni di sostanza. Temi sociali, disuguaglianza, ampliamento del divario sociale, povertà e pensioni, infrastrutture fatiscenti per la mancanza di investimenti pubblici, oppure lo stato deplorevole dell'Europa; tutto è passato in secondo piano, perché il giornalismo tedesco e in particolare i media pubblici, con un inedito errore di valutazione, hanno messo la questione dei rifugiati al di sopra di tutto.

Io non credo affatto che nella maggioranza dei giornalisti ci sia un esplicito orientamento a destra, ma il tema è semplice e a portata di mano, le domande non sono difficili e le differenze fra i partiti sono chiare. Perché avventurarsi su dei temi complessi come la politica economica e finanziaria europea quando è possibile inscenare uno spettacolo decisamente migliore con un argomento cosi' semplice?

Quello che ora accadrà, sarà di una insignificanza senza precedenti. Angela Merkel proporrà di andare avanti come se nulla fosse accaduto, ma i Verdi come partner piu' debole di una eventuale coalizione "Jamaika" si batteranno per ogni millimetro di terreno sui temi del cambiamento climatico, mentre la FDP insisterà su ogni minimo provvedimento concernente l'arretramento del perimetro dello stato. Questa di per sé è già una contraddizione fondamentale, anche se nella retorica a volte si somigliano. La FDP vorrà fare emergere ad ogni costo il suo profilo politico e insisterà per privatizzare in ogni settore e per rafforzare le piccole e medie imprese tedesche, politiche che da un lato contribuiranno a far aumentare la disuguaglianza e dall'altro rafforzeranno gli errori del passato, soprattutto nel settore delle pensioni.

La posizione della FDP sulla politica europea è decisamente negativa, mentre i Verdi su questo tema presumibilmente non sono cosi' forti da poter evitare il peggio. I liberali invece insistono per responsabilizzare ogni singolo stato per gli errori degli anni passati, non hanno mai sentito parlare di un problema sul lato tedesco dell'unione monetaria e vorrebbero implementare immediatamente un procedimento di insolvenza ordinata per gli stati della zona euro. Poiché non hanno un'idea di politica economica degna di questo nome, rifiuteranno tutte le conoscenze a cui negli ultimi anni nemmeno gli ambienti piu' conservatori sono riusciti a sottrarsi. Se Christian Lindner dovesse veramente assumere il ruolo di Ministro delle Finanze e riuscisse anche ad imporre la sua linea politica, allora saremmo tutti costretti a rimpiangere Wolfgang Schäuble.

sabato 23 settembre 2017

Hainer Flassbeck: perchè è ragionevole e giusto votare a sinistra

Questo blog rilancia l'appello elettorale di Hainer Flassbeck su Makroskop.de. Il grande economista alla vigilia delle elezioni federali chiede un voto a sinistra, l'unica soluzione ragionevole e giusta, per la Germania e per l'Europa. Da Makroskop.eu


Che cosa è di sinistra?

La Linke chiede un salario minimo di 12 euro. Per molti commentatori si tratta solo di vuoto populismo; vorrebbero farci credere che un salario minimo cosi' alto porta alla perdita di posti di lavoro e alla fine danneggia proprio quelli che ci si prefiggeva di aiutare. Ma come fanno a saperlo questi commentatori cosi' sapienti? Non erano esattamente gli stessi commentatori ed economisti che in passato avevano anticipato un massiccio aumento della disoccupazione già dopo l'introduzione dell'attuale salario minimo? E invece cosa è successo? Esattamente niente. Nessun evento ha avuto sulla disoccupazione un'influenza minore rispetto all'introduzione del salario minimo.

Invece di aver imparato qualcosa, continuano ad essere certi che l'aumento del salario minimo, come richiesto dalle sinistre, avrebbe esattamente le conseguenze che loro si aspettano, unicamente sulla base dei loro pregiudizi. Anche se molte volte è stato dimostrato il contrario, semplicemente non vogliono accettare il fatto che il mercato del lavoro non funziona come il mercato delle patate. Probabilmente nessuno gli ha mai spiegato che al mercato del lavoro, per ragioni logiche, non si puo' applicare una normale curva della domanda e dell'offerta. Per questo tutti coloro che la pensano in maniera diversa vengono accusati di essere dei populisti o degli ingenui, difetti tipici della sinistra. Ma cio' che viene considerato di sinistra, è anche ragionevole, perché in realtà è la posizione dominante a non essere sostenibile.

Secondo esempio. La Linke vuole abolire Hartz IV e chiede un reddito minimo incondizionato di oltre 1000 euro al mese per combattere la povertà. Anche questo per l'opinione pubblica dominante sarebbe populismo, e anche la SPD nonostante la sua campagna elettorale basata sulla giustizia sociale non ha avuto il coraggio di chiedere niente di simile. Anche qui è facile individuare la ragione del grande rifiuto: per anni ci hanno detto che era stato Hartz IV a portare una svolta sul mercato del lavoro tedesco. Si sarebbe trattato dunque della disponibilità delle persone colpite dalla disoccupazione a mettersi sul serio in cerca di un lavoro perché l'indennità contro la disoccupazione era diventata molto piu' bassa rispetto al sistema precedente.

E qui per una persona calma e senza troppi pregiudizi potrebbe bastare anche solo uno sguardo alle statistiche per sollevare dei forti dubbi. Hartz IV è stato introdotto nel dicembre 2003, ma la disoccupazione in Germania ha iniziato a diminuire a metà del 2006. I disoccupati avrebbero impiegato 2 anni e mezzo per prendere sul serio gli "incentivi". La Bundesbank dal 2006 registra un aumento della produzione industriale rispetto alla tendenza precedente, che è una chiara prova della ripresa economica in atto. Sarebbero stati quindi i disoccupati a creare i nuovi ordini per l'industria, nella misura in cui hanno iniziato ad offrirsi sul mercato del lavoro in maniera piu' convinta rispetto a quanto facevano prima? Oppure non è stato piuttosto il fatto che i salari - anche a causa di Hartz IV naturalmente - sono cresciuti piu' lentamente e l'industria tedesca ha iniziato ad andare meglio rispetto a quella dei partner dell'unione monetaria e la Germania si è quindi trovata nella condizione di poter esportare una parte della propria disoccupazione?

La sinistra è logica?

Se quest'ultimo punto è corretto, si capisce allora perché a fronte delle grandi eccedenze delle partite correnti, anche istituzioni conservatrici come la Bundesbank oppure il FMI, chiedono una crescita piu' forte dei salari tedeschi in modo da favorire un riequilibrio nei confronti dei partner commerciali, prima che questi applichino contro-misure radicali. Anche il presidente del Bundesverband der Deutschen Industrie (BDI), appena rientrato dagli USA, ha chiesto che la Germania inizi a prendere sul serio le critiche nei confronti degli avanzi commerciali che arrivano dall'estero e che ci si dia da fare per ridurli. Di conseguenza, possiamo dire che la Linke, con la sua richiesta di invertire gli effetti negativi di Hartz IV sui salari, si trova pienamente nel giusto. E' solo di sinistra, oppure è anche ragionevole?

Terzo esempio, il debito pubblico. La Linke chiede di eliminare dalla Costituzione lo Schuldenbremse (freno al debito) - richiesta che in ogni caso puo' essere considerata in maniera positiva - e chiede che con l'aiuto del nuovo debito si possa immediatamente avviare un grande programma di investimenti pubblici. Questa sicuramente è la peggiore forma di populismo: vivere a debito a spese delle generazioni future. Anche in questo caso un aiuto ci arriva dal pensare in maniera diretta e lungimirante. Come abbiamo già ampliamento mostrato, non ci puo' essere nuovo risparmio, senza che vi sia nuovo debito. Chi attraverso lo Schuldembremse vuole impedire che lo stato faccia nuovo debito, deve anche impedire che si crei nuovo risparmio (attualmente la creazione di risparmio privato è superiore ai 200 miliardi di euro all'anno), oppure deve individuare dei gruppi o dei settori disponibili ad indebitarsi.

Ora qui per poter fare un ulteriore passo in avanti bisogna prendere atto dei fatti. E' fuori di dubbio che le imprese tedesche da oltre 10 anni sono venute meno alla loro responsabilità di fare debiti, fatto che ha portato la Germania a doversi affidare alla disponibilità a creare nuovo debito da parte dei paesi stranieri. E questo significa nient'altro che i soggetti economici esteri acquistano i beni tedeschi a debito. Si tratta come detto sopra di una situazione non sostenibile e per questo ogni nuovo governo dovrà riflettere soprattutto su una domanda: chi sarà in futuro in Germania a doversi indebitare?

Se non si ha il coraggio di obbligare le imprese, posizione che si puo' attribuire ai partiti borghesi, allora non c'è nessuna alternativa ad un intervento dello stato e al suo indebitamento. Lo Schuldenbremse è pertanto una legge obsoleta ed è necessario aprire la porta agli investimenti pubblici, che inoltre ora sono anche gratis. La posizione della Linke d'altro canto non è necessariamente di sinistra, piuttosto è ragionevole e quindi appropriata, anche per coloro che altrimenti non possono identificarsi con tutto cio' che il partito sostiene. 

In nessun caso il governo puo' evitare di affrontare questi temi, come invece ha fatto il candidato alla Cancelleria della SPD nella trasmissione della ARD Wahlarena. Martin Schulz alla domanda relativa alla riduzione del debito pubblico ha tentennato e poi ha annunciato di voler investire per ridurre il debito. Una risposta decisamente assurda, ma anche le risposte della CDU, della FDP, dei Verdi o di AfD ad una domanda  cosi' centrale per il destino della Germania e dell'Europa non sarebbero state molto diverse. E questo non è né di centro né coraggioso (perché non è populista), piuttosto è non informato, per non chiamarlo stupido. 

La scelta, messa in questo modo, non è per niente difficile. Vi auguro in ogni caso, che domenica possiate trovare il giusto cerchio per la vostra croce.

lunedì 5 giugno 2017

Heiner Flassbeck: Germania più palla al piede che locomotiva dell'economia mondiale

Merkel vorrebbe avere la leadership "dell'occidente libero" e diventare la Cancelliera d'Europa, peccato che la Germania con il suo mercantilismo e i suoi avanzi commerciali sia ormai da molti anni la palla al piede dell'economia mondiale. Heiner Flassbeck risponde al famoso "discorso della tenda della birra" di Merkel e alle ambizioni egemoniche della Cancelliera d'Europa. Da Makroskop.de


Non sarebbe piu' possibile, secondo le parole della Cancelliera conservatrice, pronunciate in una tradizionale tenda della birra bavarese, data la totale imprevedibilità del nuovo presidente americano, anch'egli conservatore, fare affidamento sugli Stati Uniti. Per gli europei sarebbe arrivato il momento di prendere il loro destino nelle proprie mani. Ma chi prenderà per la mano chi, e chi vuole veramente esser preso per mano? In ogni caso la risposta degli altri paesi europei alla pretesa tedesca di assumere la leadership è stata molto debole. E questo dovrebbe far riflettere la Germania.

Perché parlare di "Europa" come sostituto degli Stati Uniti è facile a dirsi, ma molto piu' difficile a farsi. Alla fine in Europa da oltre 10 anni c'è una crisi economica la cui fine non è ancora in vista. La cui origine è sicuramente da ricercarsi in Germania. E la cui soluzione è resa impossibile dalle assurde raccomandazioni politiche tedesche. Perché proprio ora i paesi europei che durante la crisi hanno dovuto subire i diktat tedeschi dovrebbero mettersi in cammino con la Germania per risolvere i problemi europei o addirittura quelli mondiali? Perché proprio ora i paesi europei, quando Merkel mostra chiaramente a Trump di non volerne sapere di riconoscere la rilevanza del problema degli avanzi commerciali tedeschi, dovrebbero accettare di salire sulla stessa barca della Cancelliera?

La vendetta per l'arroganza tedesca

Alla fine c'è sempre un conto da pagare per le proprie azioni. E ora arriva la vendetta per aver cercato con ogni mezzo, a partire dalla svolta conservatrice rosso-verde dei primi anni 2000, la propria salvezza all'interno dell'unione monetaria volendo percorrere da soli la strada della competitività. Una strada che non solo va contro le regole fondamentali di una tale unione, ma che ha trasformato la Germania in una potenza egemone europea estremamente impopolare. Ora arriva la vendetta per l'arroganza tedesca, vendetta per aver cercato di convincere gli altri paesi europei - contro l'evidenza dei fatti - che la Germania è il paese europeo più' produttivo, con i migliori prodotti e gli imprenditori piu' capaci. E ora trova vendetta l'insensibilità tedesca con la quale il Ministro delle Finanze di Berlino non ha voluto tenere conto del voto democratico di un piccolo paese, e contro ogni evidenza ha spinto questo paese in una enorme crisi economica e sociale. 

L'Europa oggi evocata da Merkel non esiste piu'. Non solo la sua rilevanza globale è stata decimata dall'uscita del Regno Unito. Non solo a causa della sua eclatante debolezza economica è diventata poco credibile come modello globale. Ma è stata colpita duramente, e questo è il problema centrale, dal modo in cui proprio il "paese modello d'Europa" ha abusato dell'unione monetaria per perseguire i propri obiettivi, e cioè proprio il progetto che avrebbe dovuto coronare l'unificazione europea.

Le difficoltà che la Germania ha con l'assumere per sé il ruolo di paese guida in Europa o addirittura in occidente arrivano da lontano. Ci fu un tempo in cui si discuteva seriamente su quale paese e in quale situazione avrebbe potuto assumere un ruolo di leadership economica. Era il periodo in cui fu fondato il G7, all'epoca era ancora diffusa una solida conoscenza delle relazioni macroeconomiche complessive e in quegli anni la signora Merkel si occupava ancora di risolvere problemi di fisica nella DDR. Per la leadership economica all'epoca fu stabilito il termine locomotiva. Chi voleva e poteva essere la locomotiva dell'economia mondiale, doveva averne anche l'ambizione morale.

Chi vuole guidare deve anche essere capace di agire

Fino ad ora solo una volta nella sua storia la Germania ha accettato questo ruolo assumendone tutte le responsabilità connesse: nel 1978 sotto Helmut Schmidt. La Germania decise infatti di stimolare la sua economia per mezzo di una politica fiscale espansiva (decisione che poco dopo fu' depotenziata dal rialzo dei tassi operato dalla Bundesbank) e fu proprio allora che la Germania ebbe per la prima volta e per un breve periodo un disavanzo delle partite correnti. Evento che per la CDU/CSU e la loro clientela, come per la FDP, equivaleva piu' o meno alla fine del mondo. Per questa ragione il governo di Helmut Schmidt fu liquidato alla svelta dopo una svolta "spirituale e morale" della FDP.

Negli anni successivi furono solo gli Stati Uniti, grazie ai loro elevati deficit delle partite correnti, a far uscire l'economia mondiale dalle varie crisi economiche. Scelta che di conseguenza li ha portati ad essere l'autorità morale guida in materia di politica economica mondiale. La Germania, in tutti questi anni, quando ci si iniziava a chiedere chi poteva essere la nuova locomotiva dell'economia mondiale, correva subito a nascondersi nell'angolo. Quando gli americani frustrati per la passività dei paesi partner decidono di rifiutare questo posizione, non si puo' certo solo alzare la mano e reclamare questo ruolo per sé.

Chi vuole condurre una locomotiva deve anche mostrare le sue abilità di pilota. Se si prepara ad assumere la leadership mondiale il paese che piu' di ogni altro al mondo ha contribuito a frenare l'economia mondiale con le sue politiche mercantiliste, allora gli altri paesi la prenderanno come una barzelletta. Se i giornalisti tedeschi ossequiosi come Christian Wernicke sulla SZ pontificano sui "piani mondiali" di Merkel, questo significa che probabilmente non hanno compreso né gli aspetti economici né quelli politici del mondo in cui vivono.

In circostanze normali alla fine di un tale commento ci si dovrebbe chiedere: come è possibile che la Cancelliera tedesca pronunci sciocchezze simili sull'economia mondiale, senza che - proprio prima delle elezioni - nessuno dell'opposizione salga sulle barricate reclamando una leadership vera per la Germania? Ma questo non lo si deve piu' chiedere nel nostro paese. Sappiamo per esperienza che il partito che, oltre alla CDU, avrebbe l'ambizione di poter esprimere un Cancelliere, semplicemente non ha una propria opinione sui temi importanti di questo mondo. L'eredità di Helmut Schmidt la vorrebbero tutta per loro, della sua disponibilità ad essere un leader e ad agire in una situazione critica però non vogliono proprio saperne.

mercoledì 25 gennaio 2017

Lo smarrimento dell'establishment tedesco dopo le prime dichiarazioni di Trump

Sebastian Müller e Heiner Flassbeck su Makroskop ripercorrono le prime dichiarazioni di Trump e le reazioni della politica tedesca. Il mercantilismo praticato dalla Germania è illegale e la posizione tedesca è sempre piu' indifendibile. Da Makroskop.de

Nel nostro paese c'è grande smarrimento dopo l'intervista di Trump alla Bild-Zeitung. Forse qualcuno ha davvero paura che il nuovo presidente americano capisca veramente cosa non funziona nel commercio internazionale?

Quando Donald Trump è stato eletto presidente, noi di Makroskop ne avevamo già parlato. E proprio all'inizio dell‘anno Trump ha minacciato la Cina di imporre tariffe doganali del 45% sulle importazioni cinesi. Era già chiaro dove il viaggio appena iniziato ci avrebbe portato. Poco dopo l'annuncio di Trump sulla Cina, il 13 gennaio Heiner Flassbeck sulle pagine di questo sito scriveva:

"La Germania dovrebbe fare molta attenzione a come Trump si comporterà nei confronti della Cina. In questa partita internazionale anche il paese tedesco – il membro del G20 con il più grande surplus commerciale (pari al 9% del PIL) – ha molto da perdere.

Gli Stati Uniti sono il partner commerciale con il deficit più grande nei confronti della Germania (60 miliardi di Euro). Presto o tardi Trump se ne accorgerà. È probabile che accada proprio quando il suo ministro delle Finanze gli presenterà il Currency Report annuale nel quale vengono elencati, dal punto di vista americano, i più grandi peccatori in materia di commercio internazionale"

Trump tuttavia se ne è accorto molto più' rapidamente di quanto da noi previsto. Dopo appena 2 giorni non solo ha preso atto del grande deficit commerciale nei confronti della Germania, ma in una importante intervista congiunta alla Bild e al Times ha annunciato anche le prime conseguenze. Il neo-presidente ha detto molto chiaramente alla Germania, come aveva già fatto con la Cina, che non è più' disposto a tollerare i grandi avanzi commerciali tedeschi nei confronti dell'America. Il commercio non può' essere una strada a senso unico, è stato il suo argomento principale. Inoltre ha minacciato di imporre dei dazi sui costruttori tedeschi, in particolare BMW, nel caso in cui intendano costruire in Messico le auto per il mercato americano:

"Possono costruire auto per gli Stati Uniti, ma per ogni auto importata negli Stati Uniti pagheranno il 35% di dazio" - Donald Trump

Il mercantilismo tedesco è illegale

Si può' forse non essere d'accordo, quando il presidente della piu' grande potenza economica mondiale ci ripete ancora una volta una verità indiscutibile, e cioè che il commercio non può' essere una strada a senso unico? Si puo' forse dare la colpa a Trump di fare sul serio quando dice di voler ridurre il deficit commerciale estero di 800 miliardi di Euro annui, deficit di cui anche gli altri presidenti americani avevano parlato, senza peraltro aver mai fatto nulla di concreto nei confronti dei paesi in surplus?

Il neo Presidente degli Stati Uniti nel caso di un ricorso al WTO potrebbe addirittura avere ragione. Perché se Trump decidesse di aumentare i dazi sui prodotti tedeschi importati, sarebbe in linea con le regole del WTO: i paesi con un elevato surplus commerciale possono essere legalmente minacciati e in caso estremo anche sanzionati. Dall’articolo XII del trattato GATT del 1947 emerge chiaramente come i grandi avanzi commerciali tedeschi siano illegali:

“…, allo scopo di difendere la loro posizione finanziaria verso il mondo e la loro bilancia dei pagamenti, le parti possono ridurre la quantità di importazioni… nell'esercizio delle loro politiche interne le parti si impegnano a garantire e salvaguardare l’equilibrio duraturo nella loro bilancia dei pagamenti e ad evitare uno spreco nell'impiego delle risorse economiche. Riconoscono che per il raggiungimento di questo obiettivo è auspicabile prendere tutte le misure necessarie per rafforzare il commercio internazionale“

In base a questo trattato, la Germania dovrebbe adottare delle misure per poter garantire un equilibrio nella bilancia commerciale. Dovrebbe in particolare promuovere l’import di merci estere, in quanto nel complesso il commercio internazionale sarebbe rafforzato. Beninteso, questo è un estratto da un trattato che la Germania ha firmato e al cui rigoroso rispetto si è impegnata, con gli altri paesi e con gli Stati Uniti.

Le reazioni del governo tedesco e di una larga parte della stampa non sono affatto giustificate. Il Ministro degli Esteri Frank-Walter Steinmeier, che dopo il messaggio di Trump alla Germania chiede il rispetto dei trattati internazionali, dovrebbe informarsi meglio, prima di rilasciare certe dichiarazioni arroganti:

“Ci aspettiamo che i nostri partner americani continuino a rispettare gli impegni internazionali e le norme del WTO”

Se fino ad ora la Germania è stata poco ragionevole, dipende probabilmente anche dal fatto che la politica di dumping salariale è stata protetta dal muro difensivo dell’unione monetaria ed in questo modo è riuscita ad evitare le sanzioni del WTO. Ma come spesso accade in ambito giuridico probabilmente fino ad ora è mancato solo qualcuno disposto a fare una denuncia formale.

L'articolo XII del Gatt non è stato fino ad ora preso in considerazione in quanto spesso ci sono stati altri modi piu’ eleganti per fermare l'esuberanza dei paesi con elevati avanzi commerciali. Negli anni '80 ci furono gli accordi di cambio che su pressione degli americani forzarono gli altri paesi ad accettare un deprezzamento del dollaro statunitense con il loro sostegno attivo. Nel caso dei grandi avanzi commerciali cinesi c'è stata invece una pressione verso l'apprezzamento. La Cina alla fine ha deciso di cedere alla pressione politica degli americani facendo aumentare notevolmente i salari domestici e in questo modo ha ridotto la competitività del paese.

I difensori tedeschi del libero scambio.

La critica che i media fanno al protezionismo trumpiano tuttavia si fonda su una doppia morale. Non solo perché anche il governo Obama ha applicato una politica simile nei confronti della Cina con l'introduzione nel settembre 2009 di un dazio del 35% sull'import di pneumatici cinesi. Anche la UE sta attualmente pensando di introdurre un dazio sull'acciaio cinese del 265%, invece dell'attuale 20% - come  sui prodotti americani. La motivazione suona alquanto trumpiana: per salvare l'industria siderurgica europea e contro la "concorrenza sleale".

Una guerra commerciale oppure una guerra valutaria combattuta a colpi di svalutazioni competitive non potrebbe tuttavia essere attribuita agli americani. Si tratterebbe probabilmente molto piu' dell’inevitabile conseguenza di una discutibile strategia commerciale tedesca, come scritto da Heiner Flassbeck nell’articolo sopra menzionato:

"In Germania e in Cina ci si dimentica poi di un altro aspetto: chi costantemente accumula surplus danneggia di fatto i paesi in deficit, inondando il mercato con i suoi prodotti ed esportando disoccupazione. Inoltre, l’incremento del benessere nel commercio estero non viene equamente distribuito fra i paesi in disavanzo e quelli in avanzo. Il Paese in surplus vince sempre, quello in deficit non può che perdere. Ciò contraddice l’idea stessa di libero scambio e la speranza che a trarne vantaggio siano tutti in egual misura."

Proprio in questa prospettiva è necessario interpretare il messaggio di Trump quando sostiene di essere per il libero scambio, ma non ad ogni costo. Il repubblicano avverte chiaramente che il successo dell'export tedesco si fonda su condizioni inique:

"Mi piace il libero commercio, ma deve essere un commercio intelligente, affinché io possa considerarlo anche giusto"

Con una ostinata autoesaltazione e con l’abituale unità di vedute, la stampa tedesca ha reagito in difesa dell’indifendibile posizione tedesca. Jan Schmidbauer, ad esempio, sulla SZ argomenta secondo il tipico punto di vista tedesco: “se i produttori tedeschi in America hanno una presenza più’ forte rispetto a quella dei produttori americani nel nostro paese”, secondo Schmidbauer, “non dipende dalle condizioni commerciali inique, ma dall'elevata qualità delle auto”. Il Ministro dell’Economia Sigmar Gabriel, che dopo tutto è responsabile per il commercio estero, ha colpito esattamente sulla stessa linea. La sua geniale proposta per ridurre il deficit degli Stati Uniti è:

“Devono costruire auto migliori”

Il suo collega Wolfgang Schäuble non è da meno e sa che gli avanzi commerciali sono fondati sulla forza dell’economia tedesca. E aggiunge, per portare l’assurdità al livello più estremo, "questa economia forte è un importante contributo per l’Europa ed un contributo dell’Unione Europea per l’economia globale".

Ma un commercio internazionale equo non dipende solo dalla qualità delle merci, ma anche e soprattutto dal fatto che la qualità di ogni singolo prodotto si rifletta in maniera adeguata nel suo prezzo. Chi pero’ per anni ha esercitato una pressione politica sulle parti sociali spingendo verso il basso i salari, come è accaduto in Germania, e per farlo si è servito della protezione di un Euro debole (espressione usata da Schäuble), ha di fatto violato sistematicamente le regole del giusto commercio. Un commercio giusto può’ esistere solo se in ogni paese i salari crescono quanto la produttività più’ l’obiettivo di inflazione del paese, e se le differenze negli obiettivi di inflazione fra i diversi paesi sono recuperati con le rivalutazioni e le svalutazioni delle valute nazionali.

L'Europa è uno strumento della Germania

Alla fine, e questo è impressionante, Trump sembra capire (oppure indovinare) che il problema del mercantilismo tedesco non riguarda solo gli Stati Uniti. Il dumping tedesco viene fatto soprattutto a spese dei vicini europei. Che come l'Italia, ad esempio, possono sfuggirgli solo con una posizione di avanzo delle partite correnti, vale a dire con un'alta disoccupazione e molti annti di contrazione economica, e per questa ragione importano sempre meno beni. Quando Trump parla di "Europa come veicolo tedesco", centra il punto, e di fatto rende ridicola la posizione di Schäuble, in maniera incredibilmente precisa. Dopo che l'amministrazione Obama lo aveva chiesto più' volte alla Germania, ora c'è un presidente americano che si leva i guanti e lo dice con parole chiare:

"guardi la Gran Bretagna e guardi l'Unione Europea, che è la Germania. In sostanza, l'Unione Europea è un mezzo per gli obiettivi della Germania. Per questo io penso che per la Gran Bretagna l'uscita sia stata una scelta intelligente...Se me lo chiede, ci saranno altri paesi ad uscire"

La reazione della Cancelliera è arrivata ieri:

"Io credo che noi europei abbiamo il destino nelle nostri mani"

Quello che la Cancelliera non ha ancora capito e probabilmente non capirà mai: gli europei non ci sono piu'. Alcuni nelle prossime settimane, dopo le critiche di Trump, forse avranno anche il coraggio di dire delle verità abbastanza semplici sulle reali cause della crisi europea e sull'egemonia tedesca. 

martedì 1 novembre 2016

Flassbeck sui danni causati dall'attività preferita dai tedeschi: risparmiare

Hainer Flassbeck su Makroskop.de torna a parlare dell'eccesso di risparmio tedesco e della narrazione che la stampa tedesca mainstream fa su questo tema: l'eccesso di risparmio tedesco sta causando problemi in tutto il mondo. Da Makroskop.de


L'attività preferita dai tedeschi è "fare previdenza". Purtroppo non riflettono mai abbastanza su quali possano essere gli effetti. In altre parti del mondo, infatti, quello che i tedeschi amano fare sopra ogni cosa, risparmiare, viene visto con grande sospetto.

A volte parlare una lingua straniera aiuta immensamente, intendo anche la lingua inglese, ancora cosi' estranea per noi. Sarebbe molto piu' facile per tutti capire a cosa ci si riferisce esattamente quando in Germania si parla di "previdenza". Con il termine "previdenza" sulle pagine economiche dei giornali tedeschi si fa riferimento di solito al tentativo di mettere da parte una parte del reddito che si è scelto di non spendere oggi. Se veramente padroneggiassimo la lingua inglese, potremmo veramente capire cosa accade in realtà con la "previdenza" tedesca.

Per capire cosa potrebbe accadere alla "previdenza" tedesca, aiuta dare uno sguardo al New York Times di lunedi' di questa settimana. Sempre in merito alla famosa "previdenza" tedesca si puo' leggere:

"..gli economisti temono che si stia formando un eccesso di liquidità in Europa e Asia che potrebbe rallentare le prospettive di crescita mondiali. Questo perché il denaro invece di essere utilizzato per la costruzione di ponti ad es. in Germania o Cina, oppure in spesa per consumi in Cina e Giappone, è accumulato e riciclato nel mercato dei capitali globali, mantenendo gli interessi artificialmente bassi mentre gli investitori vanno a caccia di rendimenti. E ancora, gli economisti dicono che il peso è tutto sugli Stati Uniti, che con la sua economia fragile deve farsi carico di essere il motore del mondo. "L'Asia e l'Europa continuano ad esportare i loro risparmi in tutto il mondo", ha dichiarato Brad W. Setser, un esperto di flussi finanziari mondiali che ha lavorato al tesoro americano dal 2011 al 2015. "Tutto questo denaro in giro in cerca di una possibile allocazione non è un segnale di salute - mostra una chiara mancanza di domanda in altre parti dell'economia globale".

Non è comico? Quello che da noi viene considerata sana "previdenza", in altre parti del mondo viene vista con grande preoccupazione. I risparmi tedeschi causano tracimazioni e inondazioni. Si parla nuovamente di un eccesso di risparmio, come aveva già fatto Ben Bernanke, l'allora presidente della FED degli Stati Uniti.

Si teme che la "previdenza" tedesca ed asiatica aumenti il valore di alcuni titoli negli Stati Uniti gonfiandone il valore, tanto da non riflettere piu' in maniera corretta il valore sottostante delle imprese, in altre parole una bolla speculativa. E questa bolla è alimentata in maniera considerevole dalla "previdenza" tedesca. Ma se la bolla dovesse esplodere, non ci sarebbe piu' alcuna "previdenza".

Quello che la FAZ non capisce - e dobbiamo purtroppo dire anche nei prossimi 1.000 anni non capirà - è la stretta relazione fra il semplice atto di mettere da parte del denaro e il fatto che sia necessario trovare qualcuno disponibile ad indebitarsi per la stessa somma. Investire si diceva prima, ma la parola è deteriorata, da quando viene utilizzata per descrivere l'attività che si limita ad utilizzare i risparmi per andare a caccia di rendimenti in giro per il mondo.

Cio' che la FAZ non ha ancora capito è che deve liberarsi quanto prima del suo editorialista Thomas Mayer, che pochi giorni fà ha scritto qualcosa di terribile e imperdonabile, e cioè che nel frattempo anche le aziende tedesche sono diventate risparmiatrici. Ma se le imprese non possono fare la "previdenza" (evidente dato il saldo settoriale), e per ogni buon economista è chiaro che lo stato non potrà occuparsi della "previdenza" data la sua inefficienza cronica, di fatto solo l'estero potrà garantire la "previdenza" tedesca. Ma se l'estero considera la "previdenza" tedesca come denaro in eccesso e quindi causa di pericolose bolle e di altre allocazioni errate, anche l'ultimo dei tedeschi "previdenti" dovrà ammettere prima o poi che il piccolo e incantato mondo in cui il risparmiatore al mattino porta alla cassa di risparmio locale il denaro guadagnato con il suo duro lavoro e il pomeriggio dello stesso giorno l'imprenditore locale lo prende a prestito per investire in capannoni e nuove attrezzature ormai non esiste piu' da molto tempo.