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martedì 25 settembre 2018

Peter Bofinger: quei quattro saggi non sono molto saggi

L'UE perde pezzi, la Große Koalition va verso l'implosione, ma il consiglio dei cosiddetti esperti economici, i famosi saggi consiglieri di Merkel dal loro bunker di Berlino continuano a sfornare regole sull'austerità e sul deficit come se non ci fosse un domani. Peter Bofinger, membro del consiglio dei saggi, prende le distanze dai suoi colleghi e critica l'ultima proposta firmata da quattro dei cinque esperti volta ad esportare a livello europeo il famoso Schuldenbremse tedesco, vale a dire un pareggio di bilancio, un temibile "Schwarze Null" da applicare in maniera rigida secondo dei criteri meccanici. Un ottimo Peter Bofinger da Makronom.de


Sul portale VoxEU la settimana scorsa sono state pubblicate due proposte per la riforma dell'Eurozona: una di queste preparata dei miei quattro colleghi del Consiglio tedesco degli esperti economici, e un'altra da un gruppo di economisti francesi che fanno parte del Conseil d'analyse economique francese. La proposta di Lars Feld, Christoph Schmidt, Isabel Schnabel e Volker Wieland è modellata sul "freno all'indebitamento" tedesco (Schuldenbremse) e cambierebbe radicalmente le regole fiscali dell'Eurozona. Un'alternativa interessante la forniscono invece Zsolt Darvas, Philippe Martin e Xavier Ragot il cui modello si basa su di una regola di spesa derivata da un obiettivo di indebitamento pubblico di medio termine.

Entrambe le proposte contengono una regola di spesa, ma differiscono fra loro in maniera fondamentale. Come ancoraggio per la regola sulla spesa, Feld e colleghi preferiscono un criterio di spesa bilanciato meccanicamente. Questo concetto deriva dal Fiscal Compact europeo e impone agli Stati di perseguire un equilibrio di bilancio prossimo al pareggio. Per contro, la proposta francese declina elegantemente la regola del pareggio di bilancio, ancorando la regola di spesa a un obiettivo di indebitamento a medio termine per il quale esiste un margine di discrezionalità. Questa flessibilità può anche essere criticata, ma si può senza dubbio argomentare che è meglio fare affidamento su una propria valutazione piuttosto che su una regola meccanica priva di una ragionevole base teorica.

Nessuna evidenza di un "deficit bias"

Le regole del patto di stabilità e crescita (SWP) sono indubbiamente molto complesse e opache. Tuttavia ciò non significa necessariamente che le regole fiscali della zona euro "non fossero sufficientemente efficaci per limitare il deficit bias dei governi" e che siano state applicate in maniera troppo debole, come ritengono invece i miei colleghi del Consiglio degli esperti economici.

Un confronto internazionale dei saldi strutturali di bilancio mostra che nell'eurozona non vi è stata alcuna "distorsione del disavanzo" (Feld et al.) - al contrario: per molti anni, i disavanzi strutturali nell'eurozona sono stati chiaramente inferiori rispetto a quelli delle altre economie avanzate.


Cio' è stato particolarmente vero dopo la grande recessione. Rispetto al Giappone, al Regno Unito, agli Stati Uniti e all'OCSE nel suo complesso, nell'eurozona la risposta fiscale è stata estremamente debole, fatto che potrebbe essere considerato come una spiegazione decisiva per gli sviluppi macroeconomici estremamente sfavorevoli nell'area euro in quegli anni.

Dal 2014 il saldo strutturale dell'area euro è rimasto più o meno costante, e ciò riflette il fatto che il processo di consolidamento si è fermato. Si può criticare questa situazione in quanto ad esempio, i disavanzi di Francia e Spagna sono stati vicini o addirittura superiori al limite del 3% del Trattato di Maastricht. Ma guardando al passato si può dire che la combinazione fra la politica monetaria espansiva della Banca centrale europea e una politica di bilancio più rilassata ha portato a una ripresa economica piu' sostenuta nell'eurozona. In altre parole: la flessibilità offerta dal patto di stabilità e crescita, soprattutto a partire dal 2014, non è stata uno svantaggio, ma un vantaggio.

Non è affatto ovvio quindi che il principale problema delle regole fiscali dell'eurozona sarebbe "il ben noto deficit bias", come scrivono Feld e gli altri. Piuttosto gli sviluppi dopo la grande recessione hanno mostrato che il problema principale è la mancanza di coordinamento fiscale che durante una recessione molto lunga ha portato a politiche fiscali non sufficientemente espansive nei 19 stati membri. La questione è stata ulteriormente elaborata nel 2015 anche nella cosiddetta relazione dei 5 presidenti e ha portato alla creazione dell'European Fiscal Board, il quale ha il compito di consigliare la Commissione europea al fine di comprendere se la politica fiscale è appropriata sia a livello nazionale che per l'area dell'euro nel suo complesso.

Differenze e somiglianze con il patto di stabilità e crescita

Le norme sulla spesa e la riforma delle regole esistenti proposte da Feld et altri differiscono dalle altre recenti proposte di riforma in quanto intendono mantenere la regola del pareggio di bilancio contenuta nel Fiskalpakt. A tale riguardo, il meccanismo sottostante alla loro proposta non differisce dallo status quo all'interno del quadro fiscale dell'Eurozona che sin dalle riforme del Six Pack del 2011 include un benchmark di spesa pubblica. Questa regola di spesa è concepita per  un percorso di spesa che consenta di raggiungere nel medio termine l'obiettivo di un bilancio strutturalmente in pareggio. Così dice il corrispondente regolamento UE:

"per gli Stati membri che non hanno ancora raggiunto il loro obiettivo di bilancio di medio termine, la crescita della spesa annua sarà inferiore rispetto al tasso di riferimento a medio termine della crescita potenziale del PIL, a meno che il superamento di questa soglia non sia compensato da misure discrezionali di pari importo sul lato delle entrate; il divario tra il tasso di crescita della spesa pubblica e il tasso di riferimento di medio termine della crescita potenziale del PIL è fissato a un livello che garantirà un aggiustamento adeguato verso l'obiettivo di bilancio di medio termine;"

Rispetto al patto di stabilità e crescita, la regola sulla spesa pubblica non rappresenta quindi la principale innovazione della proposta tedesca - l'innovazione consiste nell'introduzione di una sorta di "memoria" all'interno del PSC. Fino ad ora gli stati membri non erano tenuti a compensare i precedenti disavanzi con delle eccedenze corrispondenti: a dover soddisfare i requisiti del patto ci sono solo il disavanzo corrente e le previsioni sul suo corso futuro. La seconda grande innovazione è l'eliminazione delle deroghe per gli scostamenti dagli obiettivi di medio termine (o dai percorsi di aggiustamento per il loro raggiungimento) nel caso di riforme strutturali che comprendano anche investimenti pubblici.

La proposta dei miei colleghi pertanto non è esclusivamente volta a rendere le norme esistenti "più semplici" e "più trasparenti". Con l'introduzione della funzione di memoria il PSC si trasformerebbe in un sistema più o meno identico allo Schuldenbremse tedesco - il che avrebbe conseguenze di vasta portata. Come mostrano le simulazioni di Feld et al. sarebbe la Francia in particolare a dover compensare attraverso pesanti tagli alla spesa il non raggiungimento a partire dal 2013 del parametro di riferimento dello 0,5% nel disavanzo strutturale. La necessità di compensare le deviazioni del passato porterebbe non solo ad una politica pro-ciclica, ma diventerebbe anche un onere molto pesante per un nuovo governo costretto a pagare per gli errori dei suoi predecessori.

Le differenze tra la proposta tedesca e quella francese

A prima vista, si potrebbe pensare che la proposta tedesca sia molto simile a quella del Conseil d'analyse economique, pubblicata nello stesso periodo. In effetti, entrambi i concetti implicano una regola di spesa. Ad un esame più attento, tuttavia, ci sono differenze fondamentali.

In sostanza, gli economisti francesi propongono un modello basato su decisioni politiche discrezionali, mentre i tedeschi propongono un approccio ampiamente basato su delle regole meccaniche. Questa differenza è dovuta al fatto che la proposta francese si astiene completamente dalla definizione di una norma per individuare il disavanzo strutturale. Il loro concetto non ha quindi un ancoraggio quantitativo implicito nell'impegno a raggiungere il pareggio di bilancio.

L'àncora delle regole francesi è invece l'obiettivo di ridurre il rapporto debito / PIL. Gli autori sottolineano esplicitamente che questo obiettivo, ancora una volta non dovrebbe essere determinato da una formula, ma dalle decisioni dei governi. Il percorso per lo sviluppo della spesa è quindi derivato dall'obiettivo di debito e deve essere determinato dalle autorità fiscali nazionali. Se le spese si discostano dal loro percorso obiettivo, dovrebbero essere registrate in un conto di aggiustamento. E se questo conto dovesse superare un valore di riferimento, sarà allora rilevata una violazione delle norme sul debito. Per una tale condotta non è tuttavia prevista una successiva compensazione da effettuarsi con una riduzione della spesa.

"Golden rule" Vs."Schwarze Null"

Per l'ulteriore sviluppo delle regole fiscali europee ci sono quindi due concetti completamente diversi. La proposta tedesca è caratterizzata dalla semplice idea che una politica fiscale ottimale è caratterizzata da un bilancio in pareggio. Da questo ideale, noto come "Schwarze Null", emerge il percorso della spesa pubblica. La proposta francese presuppone invece che gli obiettivi a medio termine della politica fiscale debbano essere determinati in un complesso processo decisionale, e non con delle semplici formule. Tutto sommato, la proposta francese è più vicina allo status quo rispetto a quella tedesca.

Le regole semplici possono avere i loro benefici, ma devono essere ben motivate - e tuttavia non è il caso dello Schuldenbremse tedesco che Feld et al. ora vorrebbero espandere all'intera Eurozona. Nella teoria della politica fiscale tradizionale la "regola d'oro" si trova solo come punto di riferimento per il livello ottimale di debito pubblico da raggiungere. Essa afferma che un aumento del debito pubblico può essere tollerato solo nella misura in cui coincide con almeno un aumento altrettanto consistente della ricchezza netta dello stato. Di conseguenza, finanziare gli investimenti pubblici ricorrendo all'indebitamento avrebbe senso. In effetti, il Consiglio tedesco degli esperti economici diversi anni fa ha pubblicato uno studio sulle regole di bilancio in cui ha espressamente dato il benvenuto alla "regola d'oro" sostenendo "che introdurre un divieto generale di indebitamento(...) [sarebbe] economicamente insensato, come vietare ai cittadini o alle imprese private di prendere denaro a prestito".

Si può criticare la discrezionalità prevista dalla proposta francese. Ma questa offre almeno la possibilità che gli obiettivi di indebitamento consentiti possano essere determinati in un ampio dialogo tra scienza economica e politica, tra economisti nazionali e stranieri, sulla base della teoria economica e delle prove scientifiche disponibili. Soprattutto la proposta potrebbe almeno fornire un margine minimo per gli investimenti finanziati a debito. In questo caso, le probabilità di realizzare una buona politica fiscale negli Stati dell'eurozona saranno sempre maggiori rispetto alla possibilità di mettere tale politica nelle mani di una semplice regola meccanica.

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giovedì 28 novembre 2013

8,5 € l'ora, meno l'inflazione

Come funzionerà il salario minimo? Per ora il contratto di coalizione resta alquanto vago, ma una cosa è certa: fino al 2017 non c'è un recupero dell'inflazione né un adeguamento alla produttività. La proposta degli 8.5 € lordi risale al 2010. Da Die Zeit
C'è un accordo sul salario minimo, ma non è previsto il recupero dell'inflazione. Quali saranno i vantaggi reali per il lavoratore?

Michael Sommer è il sindacalista piu' potente del paese. Vorrà dire qualcosa, se il numero uno della Deutsche Gewerkschaftsbund (DGB) considera l'accordo di coalizione fra Unione e SPD un grande successo. Dopo tutto una vecchia richiesta della DGB finalmente è diventata realtà: il salario minimo orario di 8.5 € l'ora.

Dovrebbe arrivare ad inizio 2015. "Una richiesta di lunga data della DGB finalmente diventa realtà", si rallegrava mercoledi Sommer, dopo che Unione e SPD avevano presentato l'accordo di coalizione. Secondo gli economisti ad avvantaggiarsi della nuova legge saranno fra i 5 e i 7 milioni di occupati. Il salario minimo in futuro dovrà essere applicato anche ai mini-jobber.

Qual'è il vero valore della proposta? Unione e SPD si sono messi d'accordo su di un salario di 8.5 € lordi l'ora. Ma chi guarda con attenzione a pagina 68 dell'accordo di coalizione nota subito eccezioni e scappatoie.

Cosi' la maggioranza rosso-verde vuole concedere ad alcuni settori un periodo di transizione di due anni. Soprattutto ai servizi di sicurezza, alle lavanderie, ma anche il lavoro interinale dovrebbe avere piu' tempo per aumentare il livello dei salari. In tutti questi settori vengono applicati salari minimi inferiori agli 8.5 € lordi l'ora. Anche i contratti collettivi in vigore, che già prevedevano un minimo salariale, dovranno restare validi. Il salario minimo sarà applicato in maniera estensiva solo dal 2017.

Di recupero dell'inflazione fino ad ora non si parla

Tutto cio' accadrà fra piu' di 3 anni. 8.5 € lordi avranno quindi un valore sicuramente inferiore rispetto a quello attuale, perché il livello dei prezzi sale e il potere di acquisto scende. Ipotizzando un tasso di inflazione del 2%, come quello previsto dalla BCE, gli 8.5 € odierni nel 2017 avranno un potere di acquisto pari a 7.85 € di oggi.

Si potrebbe anche fare un calcolo diverso. Se accanto ad un aumento dei prezzi del 2% si considera un aumento della produttività di un punto e mezzo annuo, allora il salario minimo nel 2017 dovrebbe essere di almeno 9.4 €.

Ma SPD e Unione fino ad ora non hanno previsto un adeguamento del salario minimo all'inflazione o alla produttività. Secondo l'accordo di coalizione a metà giugno del 2017 una commissione appositamente costituita dovrà discutere del salario minimo. Il gruppo sarà composto dalle parti sociali e da esperti, e dovrà verificare se il salario minimo previsto è ancora adeguato oppure se la politica nel 2018 dovrà rivedere il limite degli 8.5 €.

Per i sindacati il periodo previsto è troppo lungo. L'esperto di contratti collettivi Reinhard Bispinck dell'istituto WSI, vicino ai sindacati, chiede che la nuova legge possa fornire chiari punti di orientamento alla commissione sui salari: "Il salario minimo deve restare almeno stabile e crescere in linea con la produttività", ci dice. Inoltre si dovrà indicare esplicitamente che è compito della commissione rivedere ogni anno il livello salariale. Fino ad ora Unione e SPD nell'accordo di coalizione prevedono solo una "verifica ad intervalli regolari".

Ma se guarda alla propria politica, la DGB forse dovrebbe essere un po' meno schizzinosa: la richiesta di un salario minimo di 8.5 € l'ora per tutta la Germania risale al 2010 - e da allora non è cambiata.

La politica economica ed europea della Große Koalition

Der Spiegel propone una sintesi dell'accordo di coalizione fra Unione e SPD. Non sembrano esserci grandi cambiamenti rispetto al precedente nero-giallo, prosegue il "weiter-so" merkeliano. Una sintesi dei punti principali, da Der Spiegel
CDU, CSU e SPD dopo settimane di negoziati hanno raggiunto un accordo di coalizione: 8 capitoli, 185 pagine, molte promesse e tanti piani armoniosi. Cosa c'è veramente di buono nell'accordo? Un'analisi dei temi principali.

Non è ancora sicuro che avremo una grande coalizione: a deciderlo saranno i circa 470.000 tesserati della SPD. Tuttavia l'Unione e la SPD hanno finalmente raggiunto un accordo di coalizione - dopo molti giorni di trattative, e una maratona finale di oltre 17 ore.

"Progettare il futuro della Germania" è il titolo del documento, seguito da 185 pagine in cui CDU, CSU e SPD descrivono le loro idee politiche per i prossimi 4 anni. 

Si promette molto, ci sono numerose ammissioni, qualcosa deve essere ancora controllato, qualcos'altro rivisto. Ma cosa c'è di buono nell'accordo di coalizione? Quale forza si è imposta e in quale parte del programma? E dove si nascondono le sorprese?

Un'analisi dell'accordo di coalizione

1 Finanza pubblica e perequazione fiscale fra i Laender

L'Unione si è ampiamente imposta. L'indebitamento netto da qui al 2015 deve essere portato a zero, ed entro il 2014 dovrà esserci un bilancio strutturalmente in pareggio.  In questo modo viene mantenuto il piano del ministro delle finanze Wolfgang Schaeuble. Non dovranno esserci aumenti delle tasse, anche se nel contratto non è menzionato esplicitamente.

Inoltre, c'è una lista con una serie di misure prioritarie elencate per un totale fra i 23 e i 30 miliardi di Euro. Senza aumenti delle tasse o tagli alle sovvenzioni, il bilancio federale del 2016/2017 avrà un avanzo di soli 15 miliardi di Euro. Presumibilmente nel bilancio ci sono elementi cautelari che saranno rimossi e che permetteranno il finanziamento di alcune misure.

Il tema delle finanze dei Laender viene rimandato. Entro il 2019 si dovrà stabilire un nuovo regolamento per i trasferimenti fiscali fra i Laender. Una commissione composta da governo federale, laender e comuni dovrà elaborare delle proposte da qui alla fine della legislatura - tra cui la riforma della perequazione fiscale e il futuro del contributo di solidiarietà (Soli).

2. Economia

L'industria è una cosa buona - un'affermazione che si puo' leggere già nella prima frase del contratto di coalizione. Unione e SPD sono unite della difesa dell'attuale modello economico tedesco, modello fondato sull'esportazione di merci. Tuttavia, dopo che l'export tedesco di recente è stato fortemente criticato, fra gli obiettivi del governo ci sono anche un "mercato interno piu' forte e una domanda interna supportata da investimenti e maggiore potere d'acquisto".

Ma come sarà possibile far crescere gli investimenti delle imprese? L'obiettivo del 3% di spesa per ricerca e sviluppo è già stato mancato dalla precedente maggioranza nero-gialla. Anche la speranza di un maggiore ricorso al venture capital non è nuova.

Nuovo è invece il riconoscimento del crowdfunding come fonte di finanziamento oppure di internet come mercato del futuro per i macchinari tedeschi. Significativa è la promessa di mantenere i posti di lavoro nell'industria della difesa - proprio nel momento in cui EADS sta facendo tagli nella divisione armamenti.

3. Politica estera ed europea

Fra Unione e SPD sia sulla politica estera che su quella europea c'è una visione comune. Si sottolinea l'importanza della collaborazione con Francia e Polonia, il cosiddetto triangolo di Weimar. L'allargamento dell'UE  verso i balcani deve restare una possibilità aperta.

Questo vale anche per la Turchia - tuttavia su richiesta dell'Unione si fa ricorso alla formula già presente nel precedente accordo nero-giallo: in caso di non ammissione, alla Turchia potrà essere proposta una partnerschaft privilegiata.

Si sottolinea la relazione speciale con gli Stati Uniti, anche se gravata dallo scandalo NSA. E' necessario arrivare ad un accordo per la protezione dei dati, e ad uno per la protezione dallo spionaggio. I partner della coalizione chiedono "accordi credibili e verificabili" per proteggere la sfera privata dei cittadini. Entrambi i partiti nonostante i problemi in ambito economico intendono portare avanti gli accordi di libero scambio con i partner transatlantici.

4. Esercito ed impiego all'estero

La Bundeswehr rimane impegnata nelle operazioni internazionali. Ci sono una serie di temi da affrontare - entro un anno una commissione dovrà fare una proposta sui poteri del parlamento in relazione all'impiego delle truppe all'interno delle operazioni NATO.

C'è un compromesso sulle esportazioni di armi: il Bundestag dovrà essere informato piu' rapidamente - ma le decisioni sulle esportazioni di armi restano all'interno del governo.

Un problema: l'acquisto di droni. Saranno effettuati, ma non potranno essere impiegati per "omicidi extragiudiziali" (Extralegale Tötungen).

Un problema crescente durante le operazioni militari è l'uso di forze di sicurezza private. Anche nelle future missioni internazionali della Bundeswehr sarà proibito. Sarà invece consentito il ricorso ad aziende private per difendere le navi tedesche in alto mare dagli attacchi dei pirati.

5. Mercato del lavoro

Sul tema lavoro i partner della coalizione hanno raggiunto un accordo: il salario minimo generale di 8.5 € arriverà nel gennaio 2015, o al piu' tardi all'inizio del 2017. Il primo livello minimo è stato stabilito dalla politica, in seguito dovrà essere definito da una commissione composta da datori di lavoro e lavoratori. 

Il lavoro temporaneo avrà maggiori regolamentazioni, tuttavia non saranno cosi' rigide come richiesto dalla SPD. I lavoratori interinali potranno ancora essere impiegati presso un'azienda cliente per un massimo di 18 mesi (la SPD chiedeva 12 mesi). Entro 9 mesi dal loro impiego dovranno avere lo stesso salario della forza lavoro stabile ("equal pay"). Delle nuove norme beneficeranno in pochi, visto che la maggior parte dei contratti di lavoro temporaneo terminano dopo 18 mesi.

La coalizione intende inoltre evitare "costruzioni contrattuali illegali" nei contratti d'opera. I consigli di fabbrica dovranno essere meglio informati per evitare gli abusi.

6. Gestione della crisi Euro

La Cancelliera ha plasmato la gestione della crisi Euro su 3 concetti: i paesi in crisi devono risparmiare, gli aiuti ci sono solo a credito, e per i problemi delle proprie banche ogni paese deve fare da sé. Il contratto di coalizione non si allontata da questi punti.

L'accordo di governo riprende l'idea merkeliana secondo cui ogni stato dovrà impegnarsi a livello europeo su dei contratti di riforma. Non ci sarà una responsabilità comune sul debito pubblico: la SPD non è riuscita ad imporre la sua richiesta di un fondo europeo per il rimborso del debito.

Anche sul tema unione bancaria ci sono solo dei cambiamenti minimi rispetto alla politica applicata fino ad ora. La SPD avrà il suo tanto desiderato fondo europeo per le ristrutturazioni. Poiché questo fondo potrà essere riempito unicamente con risorse bancarie, ci vorranno diversi anni prima che ci possa essere denaro a sufficienza. Fino ad allora - ogni stato dovrà salvare i suoi istituti finanziari con risorse nazionali - anche se questo dovesse spingere verso l'alto il suo debito pubblico. Solo se non ci sono altre soluzioni possibili potrà intervenire il fondo ESM. L'interdipendenza fra gli stati nazionali e il settore bancario interno difficilmente potrà essere superata.

giovedì 21 novembre 2013

A Bruxelles va bene solo cio' che danneggia la Germania

La stampa popolare racconta ai tedeschi un'altra versione della crisi: a Bruxelles i "germanoscettici" stanno tramando per danneggiare gli interessi tedeschi. Ai confini del trash. Da Focus.de
Il meglio dell'integrazione europea è alle nostre spalle. Nel presente assistiamo alla rinascita dell'odio dal fantasma della cooperazione fra i popoli. A Bruxelles funziona solo cio' che danneggia la Germania. 

L'idea sembrava buona, ma il mondo non era pronto: chi voleva essere un buon europeo, doveva essere un amico di lunga data dell'Unione Europea. Questa avrebbe dovuto ridare fiducia ad un continente devastato da due guerre mondiali, un futuro di pace e la sensazione di far parte della stessa comunità. Ancora oggi, nessun discorso della domenica puo' fare a meno di queste formule incantatorie. Ma il meglio dell'UE ormai è dietro di noi. Oggi assistiamo alla rinascita dell'odio dal fantasma della cooperazione fra i popoli.

I mediocri si alleano contro i migliori

Naturalmente fra gli stati europei c'è un'ampia solidarietà. I mediocri se la prendono con i piu' bravi, la periferia contro il centro, le norme contro la concorrenza, e poi tutti insieme attaccano i tedeschi. Perché i tedeschi si distinguono economicamente, sono al centro del continente, e si fanno vessare dalle regole appositamente create con l'obiettivo di creare disturbo e fargli pagare il conto finale: questa purtroppo è l'impressione che si ha osservando l'agenda politica.

In Gran Bretagna la ricorrenza della prima guerra mondiale viene utilizzata con tutti i mezzi possibili per ancorare nella memoria il ricordo dei cattivi tedeschi e dei prussiani armati. In una Francia ormai economicamente a terra, piu' passano gli anni piu' ci si inebria con la grandeur passata. L'esplosione di odio contro i tedeschi ad Atene risale a pochi mesi fa. E a Bruxelles invece, apertamente e giorno dopo giorno cresce il gruppo dei germanoscettici.

Per l'Europa è un bene solo cio' che danneggia la Germania?

La recente proposta della Commissione europea di punire la Germania con una multa per i suoi avanzi commerciali, per il suo successo economico, puo' anche essere stata comunicata in maniera maldestra. Ma offre una scuola di pensiero per i comodi burocrati di Bruxelles: per l'Europa va bene solo cio' che danneggia la Germania. Il suggeritore di questa visione del mondo è il premio Nobel per l'economia americano Paul Krugman, che dal New York Times ha lanciato il suo goffo anatema: la Germania "sta spingendo i suoi vicini sul lastrico". Gli avanzi commerciali sono la causa principale delle sofferenze dei paesi in crisi come la Spagna.

Che cosa fare? La Grosse Koalition in arrivo vuole tentare la strada di una negoziazione di basso profilo e lontano dai riflettori. Sorprendentemente nella vicenda NSA si è parlato costantemente di "interessi nazionali" da difendere, incompatibili con lo spionaggio degli Stati Uniti. E' sicuramente vero. Ma sulla vicenda di Bruxelles non c'è alcun politico tedesco che osi parlare ad alta voce di interesse nazionale, tanto meno di rappresentarlo. Inconsapevolmente la generazione politica attuale ha interiorizzato lo strumento con il quale puo' andare avanti l'integrazione europea: le briglie necessarie per tenere a freno il Gulliver tedesco. E cosi' Merkel, Gabriel e Steinmeier non hanno nulla da dire quando Bruxelles rimprovera, minaccia e pretende - e la Germania si adatta.

Solo una saggia politica di difesa dei propri interessi, e un sano egoismo nazionale potrebbero ovviare a questo problema. Alla lunga sarà rispettato solo colui che sarà capace di stare in piedi, e non di cadere mentre va avanti. Visto cosi', il sempre piu' forte sentimento anti-tedesco in alcuni paesi europei è il risultato di politiche sbagliate. Gli anni della troppa spavalderia, del tentativo di imporsi, del voler essere il primo della classe, ora sono diventati l'esatto opposto: una mancanza di assertività e capacità di negoziazione. Le generazioni future ne pagheranno il prezzo.

venerdì 8 novembre 2013

La nuova politica di potenza tedesca

Le trattative per la formazione del nuovo governo vanno avanti e si iniziano a conoscere le linee guida della futura politica estera tedesca: espansione del ruolo internazionale della Germania e subordinazione dell'UE agli interessi nazionali. Da German Foreign Policy
La futura coalizione di governo ha già annunciato una nuova politica estera tedesca decisamente piu' aggressiva. E' quanto emerge da un documento strategico di politica estera, su cui l'Unione e la SPD hanno trovato un accordo. Secondo il documento i partiti della futura coalizione intendono "contribuire alla definizione del nuovo ordine mondiale" e "sono pronti" ad interventi di ogni tipo su scala globale. Già nel recente passato le prese di posizione del Presidente della Repubblica e le esternazioni di alcuni esponenti di spicco dell'establishment politico berlinese avevano invocato una leadership tedesca piu' forte. Il tema di fondo è la ridefinizione della politica estera tedesca. Recentemente anche i giovani della Konrad Adenauer Stiftung, vicina alla CDU, hanno lanciato un appello: un accresciuto ruolo politico di Berlino da realizzare con il proseguimento di una stretta cooperazione all'interno dell'alleanza militare occidentale. Inoltre, la cooperazione con i governi filo-occidentali del sud-est asiatico e dell'America latina dovrà essere ampliata - inclusi gli aspetti militari. Sotto la spinta della posizione tedesca, anche il Parlamento europeo chiede una politica estera maggiormente offensiva. L'UE dovrebbe, secondo il documento,  diventare un "attore globale".

Plasmare il mondo

Il prossimo governo federale cercherà di mettere in pratica le ambizioni politiche di Berlino. E' quanto emerge da un documento strategico di politica estera che l'Unione e la SPD hanno redatto congiuntamente durante le attuali trattative per la definizione del governo. "Intendiamo plasmare attivamente l'ordine globale", è scritto nel preambolo del documento, che esplicitamente annuncia la volontà tedesca di intervenire su scala globale: "Ci faremo trovare pronti, quando al nostro paese sarà chiesto un contributo per la soluzione di una crisi o di un conflitto". La Germania dovrà "rappresentare in tutto il mondo i suoi valori".[1] Dal punto di vista dei contenuti il documento si riallaccia alla attuale politica estera tedesca. E' possibile che fra CDU/CSU e SPD possa esserci una divergenza sull'opportunità di fare entrare la Turchia nell'UE, eventualità che i partiti dell'Unione continuano invece ad escludere. Un accordo formale sulla futura politica militare ancora non c'è; sull'acquisto e l'utilizzo dei droni da battaglia, invece, sarà probabilmente necessario un compromesso formale. La sola questione controversa, come si dice nel documento, è la limitazione dei poteri decisionali del Parlamento sui futuri interventi militari. La SPD su questo tema resta molto scettica [ 2 ].

Leadership piu' forte

Il documento si ricollega alle recenti proposte arrivate da Berlino, e alla richiesta di una maggiore presenza tedesca su scala globale. In stretto coordinamento con l'establishment della capitale, il Presidente della repubblica Joachim Gauck, nel suo discorso per l'anniversario della riunificazione ha detto che la Germania è "un paese popoloso, al centro del continente, nonché la quarta economia del mondo"; pertanto non accetta che "la Germania possa sminuire il suo ruolo internazionale". [3] Pochi giorni dopo, almeno 50 esponenti dell'establishment berlinese, dopo una lunga preparazione durata un anno, hanno pubblicato un documento di strategia politica, con il quale chiedono una "leadership tedesca piu' decisa" [4] Il documento è stato redatto su iniziativa della Stiftung Wissenschaft und Politik (SWP), ma è stato apprezzato anche dalla seconda piu' importante fondazione di politica estera, la Deutschen Gesellschaft für Auswärtige Politik (DGAP), sulla loro rivista di politica internazionale.[5] Nel frattempo, altre richieste arrivate dal Ministero degli Esteri sono entrate nel dibattito, come ad esempio la richiesta di ridurre il potere decisionale del Parlamento sugli interventi militari. [6] La pressione sugli apparati resta forte

Espandere l'influenza

Cosi' ora anche la Konrad-Adenauer-Stiftung vicina alla CDU si è unita alla richiesta di una politica estera tedesca piu' aggressiva. Come menzionato in un breve documento recentemente presentato dal gruppo di lavoro sulla politica estera dei giovani della fondazione, la Germania, "in considerazione della condizione economica attuale, non solo potrebbe consolidare la sua influenza internazionale, ma anche espanderla". Il gruppo di lavoro  su questo tema ha fatto anche delle proposte concrete. La Germania dovrebbe rafforzare la sua posizione nel mondo arabo; cio' sarebbe possibile e necessario, poiché gli Stati Uniti sono impegnati nel contenimento della Cina ("Pazifisches Jahrhundert" [7]) e per questo "in tema di sicurezza politica non potranno restare un attore dominante in Europa, Africa e medio oriente". Berlino dovrà fare il possibile per ridurre "l'erosione della capacità militare europea". Di grande importanza sarà "l'aumento della capacità di combattimento delle forze armate".[8]

Imporre i propri interessi

Poiché le "capacità tedesche" non saranno sufficienti, "per far rispettare i propri interessi ed esercitare un'influenza internazionale", il gruppo di lavoro propone una politica estera fatta di alleanze. Cosi' l'alleanza con i paesi occidentali - nonostante le ambizioni politiche di Berlino - dovrebbe mantenere un ruolo fondamentale. In questo contesto la proposta di un accordo di libero scambio transatlantico [9] avrebbe un ruolo di primo piano, sempre secondo la Adenauer-Stiftung: la sua realizzazione "segnalerebbe alle potenze emergenti" la capacità "dei paesi occidentali di far valere i loro interessi ed il loro concetto di mercato". Inoltre si dovrebbero concludere altri accordi "con organizzazioni regionali (filo-occidentali)" - ad esempio l'ASEAN nel sud-est asiatico oppure in America latina la "Comunidad de Estados Latinoamericanos y Caribeños (CELAC)". Accanto alla partnershaft europea con queste organizzazioni regionali, "applicando una doppia strategia, Berlino dovrebbe rafforzare i propri rapporti con alcune potenze regionali" - ad esempio con l'Indonesia, il Sud Africa, il Brasile e il Messico. Le alleanze fra i paesi dovrebbero essere rafforzate anche militarmente, ad esempio con i programmi di addestramento militare, "soprattutto con la scuola per la fanteria".[10] Questa strategia permetterebbe a Berlino di avere alleati collaborativi in ogni parte del mondo e di poter imporre la propria politica estera di potenza - se necessario anche indipendentemente dall'UE.

Ascolto nel mondo

Berlino completa i suoi piani di potere mondiale, legittimati dalla loro presenza nelle trattative per la formazione del nuovo governo, con un'offensiva a livello europeo. Cosi' il Parlamento europeo a fine ottobre in una risoluzione ha espresso la necessità di una politica estera comune europea in un mondo "caratterizzato da un cambiamento strutturale". Sul tema è "necessario un fondamentale dibattito strategico", che il Consiglio europeo, la Commissione e il Parlamento dovrebbero condurre sullo stesso livello. [11] La UE dovrebbe trasformarsi in un "global player" e non in un "global payer", chiede il deputato europeo Elmar Brok, presidente della Commissione affari esteri al Parlamento europeo, che ha spinto con forza per l'approvazione della risoluzione: "Solo quando l'Europa parlerà con una sola voce potrà trovare ascolto nel mondo" [12]

L'UE come amplificatore

Il passo successivo per l'integrazione della politica estera e militare dell'UE sarò il consiglio europeo in materia di sicurezza e difesa di dicembre. In quell'occasione, come richiesto dal Parlamento europeo, si dovrà discutere e adottare un piano per lo sviluppo della politica militare dell'UE, e dare il via ad un "libro bianco per la difesa europea".[13] Poiché su numerosi temi ci sono ancora grandi differenze fra i paesi piu' importanti dell'UE, ci possiamo aspettare un dibattito molto acceso. Berlino spinge con tutte le forze verso un risultato favorevole alla Germania: ha bisogno dell'UE - anche militarmente - per rafforzare la sua politica nazionale di potenza.

[1] Offensiver Ansatz in der Außenpolitik; www.tagesspiegel.de 05.11.2013
[2] Eine stärkere Rolle Deutschlands in der Welt; Frankfurter Allgemeine Zeitung 06.11.2013
[3] s. dazu Schlafende Dämonen
[4] s. dazu Die Neuvermessung der deutschen Weltpolitik
[5] Neue Macht, neue Verantwortung; Internationale Politik November/Dezember 2013
[6] s. dazu Mehr NATO, weniger Parlament
[7] s. dazu Das pazifische Jahrhundert
[8] Globale Megatrends (I): Weltweite Machtverschiebungen; Analysen und Argumente Ausgabe 134, November 2013
[9] s. dazu Das transatlantische Interessenfundament und Die Wirtschafts-NATO
[10] Globale Megatrends (I): Weltweite Machtverschiebungen; Analysen und Argumente Ausgabe 134, November 2013
[11] European Parliament resolution of 24 October 2013 on the Annual Report from the Council to the European Parliament on the Common Foreign and Security Policy (2013/2081(INI))
[12] EU-Außenpolitik: Abgeordnete fordern mehr Eigeninitiative der EU; www.europarl.europa.eu 24.10.2013
[13] European Parliament resolution of 24 October 2013 on the Annual Report from the Council to the European Parliament on the Common Foreign and Security Policy (2013/2081(INI))

martedì 22 ottobre 2013

E se con la Große Koalition arrivassero gli eurobond light?

Die Zeit prova a delineare la politica europea della sempre piu' probabile Große Koalition: meno austerità, piu' crescita e forse gli eurobond light. E' solo fantapolitica oppure la SPD riuscirà davvero a cambiare la politica europea dei tedeschi? Da Die Zeit.
Il governo nero-rosso potrebbe trovare un accordo su di un programma di crescita per i paesi in crisi e sugli eurobond in versione light. Ma non ci saranno importanti riforme strutturali - per paura degli euro-critici.

La nuova sfumatura la si è potuta ascoltare lo scorso mercoledì, quando Angela Merkel ha parlato della futura politica europea. La Cancelliera, che nella crisi Euro fino ad ora ha avuto il ruolo di commissario al risparmio, durante un congresso del sindacato dei chimici e dell'energia, da sempre vicino alla SPD, ha parlato della necessità di avere solide finanze, di ridurre il deficit e finalmente anche di qualcos'altro: della crescita. 

Se ci fosse ancora il governo nero-giallo (CDU-FDP) le cose sarebbero andate diversamente. Ma ora i vertici della CDU vogliono costruire dei ponti verso la SPD. Che gli ha sempre rimproverato di essersi affidata unicamente a misure di risparmio per i paesi in crisi e di dimenticare le drammatiche conseguenze per la popolazione. Per questa ragione ora Merkel inizia a muoversi verso la SPD.

Non ha bisogno dei socialdemocratici solo per continuare a governare. Sa bene che la sua euro-politica l'ha resa vulnerabile: da un lato l'accusano di essersi spinta troppo in là con gli aiuti ai paesi in crisi. Dall'altro l'accusano per la sua politica di austerità con la quale è riuscita a mantenere integra l'Eurozona, ha fatto partire le riforme nei paesi in crisi - ma con costi politici e sociali molto pesanti.

Piu' stimoli per la crescita

Non da ultimo Merkel con la sua euro-politica ha facilitato l'avvento e la crescita di AfD e degli euroscettici in Germania. Sia la CDU che la SPD temevano allo stesso modo l'ingresso in parlamento di una forza euro-contraria. E cio' non potrà non avere un effetto sulla politica europea di una possibile grande coalizione.

Sicuramente il governo nero-rosso troverà un accordo sul proseguimento delle politiche per la riduzione del debito in Europa - ma con delle differenze. La Germania ha imposto a livello europeo il Fiskalpakt e il pareggio di bilancio. Ora CDU e SPD dovranno mettersi d'accordo su delle ulteriori misure da inserire in un eventuale accordo di coalizione, per stimolare la crescita nei paesi in crisi e per combattere l'elevata disoccupazione giovanile. E un tale accordo allo stesso tempo rafforzerebbe la fiducia verso l'UE nei paesi in crisi. Lo strumento da utilizzare a tale scopo potrebbe essere la tassa sulle transazioni finanziarie, che fino ad ora 11 stati UE, fra cui Germania e Francia, hanno detto di voler introdurre. La tassa potrebbe essere inserita nel contratto di coalizione. Che cosa esattamente se ne farà, pero', è un'altra storia.

Non è ancora chiaro come si potranno finanziare i programmi di crescita e la creazione di posti di lavoro. L'Unione si affida ai fondi già presenti all'interno dell'UE, la SPD insiste sulla richiesta di emettere obbligazioni comuni. Su questo punto lo scontro è già programmato. Per la CDU gli eurobond sono un tabu'; Merkel ha dichiarato che non ci saranno fino a quando lei resterà in vita.

La bad-bank dei paesi Euro

La SPD rema in un'altra direzione. Ma un compromesso potrebbe essere un accordo per la creazione di un fondo per l'ammortamento del debito. Che non è stato proposto solo dalla SPD, ma di recente anche dal Consiglio dei saggi economici (Wirtschafts-Sachverständigenrat). In una tale "bad-bank" i paesi Euro potrebbero spostare tutti i debiti che superano il limite del 60% del PIL. Il fondo sarebbe poi responsabile per il pagamento degli interessi e il rimborso del capitale. Potrebbe emettere le proprie obbligazioni - garantite da tutti i membri dell'unione monetaria, soprattutto dalla Germania.

In questo modo i paesi piu' indebitati avrebbero una riduzione del carico debitorio. Potrebbero concentrarsi sulle riforme strutturali e forse tornare sui mercati con emissioni proprie. E la SPD avrebbe raggiunto il suo obiettivo in maniera indiretta, senza che la CDU e la CSU debbano rinunciare al loro "Nein" verso la messa in comune del debito.

Già ora la BCE con il suo programma per l'acquisto di titoli di stato garantisce per i debiti dei paesi in crisi - di fatto sono stati messi in comune. Anche la Germania garantisce. "Merkel prima o poi dovrà dirlo con chiarezza. La BCE sta facendo quello che noi chiediamo", dice il portavoce per la politica europea della SPD, Michael Roth. Ammette pero' che il suo partito non è riuscito a chiarire il tema, e non ha saputo comunicare l'appello per l'emissione di titoli di debito comuni. In questo modo ha scoperto il fianco agli euro-contrari.

Roth ribadisce che le obbligazioni europee comuni dovranno essere emesse solo a certe condizioni. Ci saranno solo quando i rispettivi stati si saranno impegnati in un consolidamento delle finanze e avranno fissato degli standard comuni in politica economica, sociale e finanziaria. La solidarietà è una "strada a due direzioni". Ma tutto questo suona un po' come il mantra di Merkel, "aiuti solo in cambio di riforme".

Probabilmente nessuna modifica ai trattati

Molto piu' complesso è invece il tema della democratizzazione dell'EU e dell'unione politica. Tutti i partiti si sono resi conto che la continua richiesta di "piu' Europa" non fa altro che rafforzare la riluttanza dei cittadini, anche se questo dovesse significare un maggior coinvolgimento del Parlamento europeo e dei parlamenti nazionali nelle decisioni di Bruxelles. In primo piano nel dibattito c'è il trasferimento a livello europeo di ulteriori competenze nazionali.

Molto controversa è la possibilità per la Commissione europea di concludere accordi bilaterali con i singoli paesi membri. Con questi accordi gli stati si impegnerebbero ad attuare le riforme e a rilanciare la crescita. In cambio ci sarebbero nuove risorse finanziarie da attingere da un nuovo budget dell'Eurozona. Un'idea tedesca, che circola da almeno un anno, e di cui lunedi "Der Spiegel" è tornato a parlare. Ma che si scontra con una mancanza di interesse da parte dei paesi beneficiari. I governi di questi paesi dovrebbero infatti costantemente spiegare ai loro elettori che non si lasciano comprare da Bruxelles. Al vertice UE di dicembre i capi di governo toneranno a discutere delle possibili riforme ai trattati. Ma al momento nessuno crede che l'idea possa essere realizzata nei prossimi anni.

I politici europei, a Berlino come a Bruxelles, criticano il fatto che i capi di governo e di stato, sulla scia dell'eurocrisi, sono gli unici ad avere voce in capitolo sui temi piu' importanti  e che alle istituzioni europee non resta che prendere atto delle decisioni o semmai cambiarle solo leggermente. E anche un governo nero-rosso su questo tema non cambierebbe molto. Un riorientamento dell'EU in direzione di uno stato federale o di una confederazione è molto difficile, non solo per la resistenza della Gran Bretagna, che continua a rifiutare le necessarie modifiche ai trattati, ma anche e soprattutto perchè fra gli europei lo scetticismo è sempre piu' diffuso.

Il nuovo slogan di Berlino non sarà quindi "piu' Europa", ma "un'Europa migliore". "Dobbiamo spiegare meglio l'Europa", dice Roth della SPD. E' qui la mancanza principale di Merkel, ma anche del suo partito. In futuro dovremo spiegare ai cittadini che solo quello che non puo' essere gestito a livello nazionale dovrà essere trasferito a livello europeo, "perché li' potrà essere gestito in maniera migliore"; il ben noto principio della sussidiarietà. E anche quando i singoli stati come la Gran Bretagna cercheranno di bloccare il processo, gli altri stati dovranno andare avanti da soli.

Il politico europeo della CDU Elmar Brok ha descritto le consultazioni per formare una coalizione in questo modo: "siamo d'accordo sull'obiettivo di un'Europa unita. Ma ora dobbiamo concentrarci su cio' che è ragionevole e possibile".

mercoledì 16 ottobre 2013

Il sogno del salario minimo e la Grosse Koalition

Le consultazioni per formare un nuovo governo vanno avanti senza successo, la Grosse Koalition è ancora lontana. Al centro delle trattative fra SPD e CDU resta il salario minimo: sarà la volta buona? Bert Rürup, economista ed ex membro della commissione dei saggi, su Die Zeit.
Finalmente c'è la possibilità di mettere mano ai difetti congeniti dell'Agenda 2010: ovvero, come la politica potrebbe finalmente trovare un accordo sul salario minimo.

Il risultato delle elezioni federali ha dato alla politica tedesca un'opportunità storica. Otto anni dopo il grande sconvolgimento nel mercato del lavoro, probabilmente al Bundestag c'è una maggioranza per rimuovere il difetto di nascita delle riforme: la mancanza di un salario minimo fissato dalla legge. Negli ultimi 8 anni la sua assenza ha screditato l'intero impianto dell'Agenda 2010 e ha fatto sì che il nucleo delle riforme - l'Arbeitslosengeld II - abbia funzionato peggio di quanto avrebbe dovuto.

L'Arbeitslosengeld II (ALG II) - diversamente da quanto ritiene l'opinione pubblica - è un "salario combinato" (Kombilohnmodell). Vale a dire: se i lavoratori non riescono a vivere del loro salario, non è corretto definirli "Aufstocker". Di fatto lo stato non sta pagando un sostegno al reddito, ma contribuisce al salario del lavoratore. A voler essere precisi, il contributo puo' essere considerato anche una rinuncia: nel momento in cui lo stato calcola il contributo dovuto al lavoratore, non sta prendendo in considerazione il salario definito dal mercato del lavoro.

L'OCSE già da tempo ha sottolineato che un "salario combinato" senza un salario minimo ha una debolezza cruciale: i datori di lavoro, praticando dei bassi salari, avranno sempre maggiori incentivi ad appropriarsi di una parte del sostegno al reddito originariamente pensato per il lavoratore. Un salario minimo fissato dalla legge, sostengono gli esperti OCSE, invece, lo impedirebbe. Ed hanno perfettamente ragione.

Affiancare un salario minimo all'Arbeitslosengeld II tedesco sarebbe utile anche per un altro motivo: chi riceve ALG II e guadagna piu' di 100 € al mese aggiuntivi, subisce una detrazione sui trasferimenti sociali. Un destinatario di ALG II percio' non ha nessun incentivo a chiedere un salario piu' alto, oppure a cercarsi un lavoro meglio retribuito. Un salario minimo ridurrebbe questo effetto.

Gli oppositori del salario minimo sostengono invece che in questo modo si finirà per distruggere posti di lavoro. Ma la letteratura scientifica non chiarisce in maniera univoca l'effetto che l'introduzione di un salario minimo ha sull'andamento dell'occupazione. Pertanto la politica dovrebbe basarsi su di una legge ferrea dell'economia: ogni occupato deve guadagnarsi il costo del suo lavoro attraverso la propria produttività. In caso contrario sarebbe licenziato oppure non assunto. Sarà quindi decisivo il livello del salario minimo.

L'obiettivo centrale della politica tedesca dovrebbe pertanto essere quello di migliorare il reddito del maggior numero possibile di lavoratori - senza metterne in pericolo il posto di lavoro. Un salario minimo un po' piu' alto puo' ridurre i divari salariali. Ma se poi alla fine ci saranno piu' individui senza un lavoro, crescerà di fatto la diseguaglianza.

Le negoziazioni in corso fra SPD e CDU offrono la possibilità di un buon compromesso. La SPD vuole un salario minimo di 8.5 € l'ora per tutta la Germania, da adeguare periodicamente secondo le raccomandazioni di un comitato di esperti. L'Unione invece si affida a dei salari minimi specifici per ogni settore, che dovranno essere fissati dalle parti sociali per ogni differente settore e per ogni regione.

Entrambe le posizioni hanno delle debolezze. Contro la proposta dell'Unione gioca il fatto che la Germania verrebbe ricoperta da un complesso mosaico di salari minimi regionali e di categoria. L'impatto di un tale provvedimento sulle contrattazioni salariali sarebbe incalcolabile. Lo svantaggio della proposta SPD sarebbe invece: con un salario di 8.5 € l'ora per tutta la Germania, uno strumento di per sé corretto, perderebbe credibilità soprattutto nei nuovi Länder. Con un salario minimo di questo livello ci sarebbero molti licenziamenti.

Un compromesso sensato e che puo' salvare la faccia ad entrambe le parti potrebbe essere quello di iniziare con un salario minimo di 7.5 € l'ora nella Germania dell'ovest, e di 7 € al massimo nella Germania dell'est. Il presidente dell' Institut für Arbeitsmarkt-und Berufsforschung, Joachim Möller, ipotizza che un salario minimo di questo livello possa migliorare la situazione di almeno 1.5 milioni di lavoratori - senza che sia necessario arrivare a dei licenziamenti.

Se il salario minimo dovrà essere ridotto oppure aumentato - secondo l'esempio britannico - potrebbe poi essere una apposita commissione a deciderlo. Gli inglesi con la loro "Low Pay Commission", composta da esperti, datori di lavoro e rappresentanti sindacali, hanno avuto una buona esperienza. Una tale commissione indipendente potrebbe anche assicurare che la definizione del salario minimo resti depoliticizzata. Anche il rischio che la politica possa aumentare il salario minimo solo per ragioni di tattica elettorale, in questo modo verrebbe meno.

E' auspicabile che l'Unione e la SPD possano utilizzare la finestra appena aperta, e finalmente decidano di completare l'Agenda 2010.