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sabato 20 marzo 2021

Perchè la Gran Bretagna globale preoccupa sempre di più Bruxelles e Berlino

La guerriglia europea sul vaccino britannico di AstraZeneca si inserisce nel quadro del processo di allontanamento politico ed economico di Londra dall'UE nel post Brexit, a preoccupare Bruxelles e Berlino c'è anche il crollo dell'export tedesco verso l'isola e il riorientamento geopolitico dei britannici, sempre piu' proiettati verso la regione indo-pacifica. Ne scrive il sempre ben informato German Foreign Policy


Campagna contro AstraZeneca

Nel Regno Unito la campagna avviata dall'UE contro il vaccino di AstraZeneca (con sede a Cambridge) ha suscitato un profondo risentimento. L'UE e diversi paesi membri, non ultima la Germania, hanno attaccato duramente l'azienda britannica per i ritardi nella consegna, ponendo inizialmente una restrizione di età sull'uso del vaccino e denigrando regolarmente la sua efficacia, ritenuta piu' bassa rispetto al vaccino BioNTech/Pfizer (Germania/USA); recentemente inoltre si è aggiunto un divieto di vaccinazione a causa di alcune ambiguità su diversi casi di coagulo di sangue avvenuti in seguito alla vaccinazione. Le lamentele dell'UE nel Regno Unito sono fonte di rabbia perché altri vaccini (BioNTech/Pfizer, Moderna o Johnson & Johnson) sono stati ripetutamente consegnati in ritardo generando effetti collaterali - tra cui coaguli di sangue - a volte con una conseguente morte, senza causare attacchi comparabili; la restrizione sull'età massima per il vaccino AstraZeneca nel frattempo è stata revocata in maniera alquanto sottotono. La campagna dell'UE, tuttavia, ha seriamente danneggiato la reputazione del vaccino britannico, che - raccomandato anche dall'OMS - viene prodotto su licenza dal Serum Institute of India (SII) per molti paesi più poveri.

Convocato al Ministero degli Esteri

Le tensioni sono state esacerbate, in secondo luogo, dal fatto che l'UE - nel tentativo di distogliere l'attenzione dal suo fallimento nel procurarsi i vaccini - sta ora ricorrendo al divieto di esportazione, con AstraZeneca e il Regno Unito di nuovo al centro della vicenda. Il primo caso del 4 marzo ha già causato proteste internazionali: l'Italia, in accordo con la Commissione UE, ha vietato l'esportazione in Australia di 250.000 dosi di vaccino AstraZeneca riempite ad Anagni, a sud-est di Roma, - con la motivazione che l'UE avrebbe avuto bisogno del vaccino stesso [1]. Dato che la campagna dell'UE contro AstraZeneca ha ridotto significativamente l'accettazione pubblica del vaccino, quasi otto milioni di dosi giacciono attualmente inutilizzate nei magazzini di tutta l'UE. [2] Commentando la recente minaccia del presidente della Commissione Ursula von der Leyen di vietare le esportazioni di vaccini verso il Regno Unito, il ministro degli Esteri Dominic Raab ha detto che "questo genere di politica azzardata" effettivamente la si era già vista all'opera in "paesi con regimi meno democratici". Raab aveva precedentemente convocato al Ministero degli Esteri l'ambasciatore dell'UE nel Regno Unito per l'affermazione falsa, ripetuta tuttavia con insistenza, secondo la quale Londra avrebbe imposto un divieto di esportazione sui vaccini. [4]


Disputa sull'Irlanda del Nord

Se gli attacchi dell'UE ad AstraZeneca e alla campagna di vaccinazione britannica avevano causato una certa indignazione anche negli ambienti "Remain" rimasti fedeli all'UE, contribuendo quindi ad indebolire la poesizione dell'UE nel Regno Unito, la disputa sulla fornitura di merci britanniche all'Irlanda del Nord ha causato ulteriori tensioni. Secondo l'accordo sulla Brexit, infatti, alcune regole del mercato unico europeo continuerebbero ad essere applicate in Irlanda del Nord; poiché però dopo l'uscita della Gran Bretagna dall'Unione questo non accade più, le merci che da lì entrano in Irlanda del Nord devono essere controllate per verificare la conformità con queste regole. Questo pone significativi problemi pratici, in particolare per la consegna dei generi alimentari così, dato che i colloqui con Bruxelles finora non hanno prodotto alcuna soluzione, Londra ha esteso il periodo di transizione che scadeva alla fine di marzo, fino alla fine di settembre, per evitare gli scaffali vuoti nei supermercati. L'UE ritiene che si tratti di una violazione del trattato sulla Brexit - e ha avviato una procedura di infrazione presso la Corte di giustizia europea; Maroš Šefčovič, vicepresidente della Commissione UE, lamenta che Londra "starebbe minando la fiducia fra di noi" [5] Le procedure di infrazione, tuttavia, non sono rare nell'UE; a metà 2020, ad esempio, solo contro la Repubblica federale ce n'erano 81 in corso. [6]

Asia-Pacifico regione di crescita

Parallelamente all'aumento delle tensioni politiche, anche i legami economici del Regno Unito con l'UE si stanno indebolendo. E questa è chiaramente una tendenza di lungo periodo. Ad esempio, la quota dell'UE a 27 nell'export britannico di beni e servizi era già in calo dal 2002, quando aveva raggiunto il massimo storico del 54,9%: nell'anno pre-crisi del 2019, era ferma al 42,6%. Anche la quota dell'UE a 27 sulle importazioni dal Regno Unito nel lungo periodo è in calo; dal raggiungimento del valore massimo del 58,4% nel 2002, è diminuita costantemente, passando al 51,8% del 2019. Per il Regno Unito contemporaneamente sta diventando sempre più importante il commercio con i paesi non UE - una tendenza che ha favorito il voto di una parte dell'élite britannica in favore della Brexit ed è ora probabile che diventi ancora più pronunciata: negli ultimi mesi, infatti, Londra ha concluso accordi di libero scambio con il Giappone e con diversi stati del sud-est asiatico e sta cercando di concludere un altro accordo di libero scambio con l'India, mentre in futuro vuole concentrarsi ancora di più sulla regione Asia-Pacifico, che già ora è la regione con la quota maggiore (35%) della produzione economica globale ed è anche quella a più rapida crescita economica.

Mercato di sbocco in crisi

Il fatto che l'importanza dell'UE per l'economia britannica nel lungo termine stia diminuendo, colpisce in particolar modo l'industria tedesca, di gran lunga il più grande fornitore del Regno Unito nel continente europeo. Mentre il Regno Unito nell'anno pre-Brexit del 2015 era ancora il terzo cliente dell'export tedesco dopo Stati Uniti e Francia (con un volume di 89,2 miliardi di euro), nel 2019 le esportazioni tedesche verso le isole britanniche ammontavano già a poco meno di 79 miliardi di euro, l'anno prima della crisi da Coronavirus - vale a dire dieci miliardi in meno, anche se le esportazioni tedesche nel complesso nello stesso periodo erano aumentate significativamente. Questo calo è dovuto solo in parte al deprezzamento della sterlina rispetto all'euro. Per questo a gennaio 2021, il primo mese in cui è stato applicabile l'accordo di libero scambio post-Brexit tra l'UE e il Regno Unito, l'Ufficio federale di statistica ha riportato un drammatico calo del 29 % per le esportazioni tedesche verso il Regno Unito e un ulteriore calo del 56,2 % delle importazioni rispetto al gennaio 2020. [7] Mentre parte di questo calo è dovuto alla crisi causata dal coronavirus e ai problemi di passaggio dopo la scadenza degli accordi transitori sulla Brexit, una recente ricerca della London School of Economics (LSE) ha concluso che entro il 2030 il commercio dell'UE con il Regno Unito potrebbe ridursi di un terzo. [8]

"Svolta verso l'Indo-Pacifico"

Il riorientamento economico della Gran Bretagna è accompagnato da un cambio di paradigma politico, delineato in dettaglio in un documento strategico presentato martedì scorso dal primo ministro Boris Johnson. Il documento ("Global Britain in a competitive age"), elaborato nel corso dello scorso anno, prevede infatti uno spostamento della politica estera britannica verso la regione "Indo-Pacifica", che Londra individua come il nuovo centro della politica mondiale. Il documento afferma che sarà importante cooperare sempre più strettamente con gli stati filo-occidentali - non da ultimo in vista delle lotte di potere dell'Occidente contro la Cina. Gli esperti stanno già discutendo di come la svolta britannica verso l'Asia influenzerà la cooperazione in materia di politica estera e militare con l'UE, alla quale Berlino in linea di principio attribuisce grande importanza - non ultimo per poter utilizzare il potenziale delle forze armate britanniche nelle future missioni militari dell'UE [10]. Se per realizzare questo obiettivo ci possano essere abbastanza interessi convergenti, da molti ora viene messo in dubbio.


[1] S. dazu Europa zuerst.
[2] Jakob Blume, Thomas Hanke, Hans-Peter Siebenhaar, Christian Wermke: Stopp für Astra-Zeneca: In der EU wird Impfstoff zur Mangelware. handelsblatt.com 17.03.2021.
[3] Kate Devlin, Tom Batchelor, Jon Stone: Raab compares EU to dictatorship as row over access to vaccines escalates. independent.co.uk 18.03.2021.
[4] Jessica Elgot: Raab summons EU official as anger grows over UK vaccine export claims. theguardian.com 09.03.2021.
[5] Verfahren gegen London. Frankfurter Allgemeine Zeitung 16.03.2021.
[6] S. dazu Deutsche Sonderwege.
[7] Exporte im Januar 2021: +1,4% zum Dezember 2020. destatis.de 09.03.2021.
[8] Chris Morris: Why has UK trade with Germany fallen so dramatically? bbc.co.uk 10.03.2021.
[9] Global Britain in a competitive age. London, March 2021
[10] S. dazu Das europäische Militärdreieck und Die Zukunft der Kriegführung.

lunedì 16 dicembre 2019

Le relazioni post-Brexit secondo Berlino

Anche dopo la Brexit i tedeschi sanno bene che se vorranno impostare con successo una politica di respiro mondiale, avranno necessariamente bisogno della cooperazione britannica. Il governo tedesco, dopo la vittoria dei conservatori di Johnson, ha optato per una linea soft finalizzata a non allontanare troppo Londra dall'UE. Se il piano per creare "un rapporto equilibrato, stretto ed equo con la Gran Bretagna", secondo le parole usate da Maas, dovesse fallire, allora Berlino potrebbe tornare a provocare la Gran Bretagna alimentando l'indipendentismo scozzese, come del resto ha già fatto nei mesi scorsi. Ne scrive il sempre ben informato German Foreign Policy.


UE: non è piu' un'esclusiva

Lo sfondo sul quale si collocano le esternazioni di Berlino in merito alla vittoria elettorale di Boris Johnson riguardano il fatto che il Regno Unito, dopo l'imminente uscita dall'UE, avrà la possibilità di ridefinire a livello internazionale le sue coordinate economiche e politiche. Johnson cercherà di raggiungere un nuovo accordo sulle future relazioni economiche con l'UE. Nel complesso, l'UE è ancora il più grande mercato di sbocco per la Gran Bretagna; ma la sua quota sull'export complessiva è diminuita passando negli ultimi dieci anni da poco meno del 50 % a circa il 45 %, tenendo conto di beni e servizi. Allo stesso tempo, la quota delle esportazioni britanniche verso gli Stati Uniti è passata dal 16,8% al 18,8%, quella dell'Asia addirittura dal 14,9% al 19,1%. La situazione per gli investimenti è simile. Nel lungo periodo, tuttavia, i legami economici esclusivi con l'UE non sembrano essere più l'unica alternativa possibile. Londra non solo sta cercando di intensificare le sue relazioni finanziarie con la Repubblica popolare cinese [1], ma Johnson è anche alla ricerca di un accordo di libero scambio con gli Stati Uniti. Secondo l'ex ambasciatore britannico presso l'UE, Ivan Rogers, Johnson "nei colloqui sugli accordi di libero scambio del prossimo anno potrebbe mettere l'UE in competizione con gli Stati Uniti". [2] Il primo ministro britannico ha quindi un certo potenziale di manovra per fare pressione.

Opzioni multiple

La situazione è simile anche in politica estera. Negli ultimi tempi Londra ha chiarito che si sta sforzando di mantenere una posizione congiunta con Berlino e Parigi, anche prendendo le distanze da Washington. Ad esempio, ha aderito, in contrasto con l'amministrazione Trump,  all'accordo sul nucleare con l'Iran e, almeno finora, si oppone alla pressione degli Stati Uniti affinché la società cinese di telecomunicazioni Huawei venga esclusa dalla creazione della rete britannica 5G. In altri ambiti, invece, Johnson è pronto a collaborare con gli Stati Uniti nel caso in cui non riesca a realizzare i suoi interessi insieme alle principali potenze dell'UE. Cosi' all'inizio di agosto, quando è diventato chiaro che l'operazione navale dell'UE sullo Stretto di Hormuz richiesta dal governo britannico non avrebbe avuto luogo ([3]), Londra ha annunciato un intervento navale a fianco degli Stati Uniti. Di fatto il Regno Unito è ancora coinvolto nell'International Maritime Security Construct guidato da Washington (precedentemente Operation Sentinel [4]) nel Golfo Persico.

Spinto alla rivalità

L'esempio del jet da combattimento franco-tedesco Future Combat Air System (FCAS), attualmente in fase di progettazione, mostra che ignorare con una certa freddezza gli interessi britannici può rivelarsi rischioso. L'azienda britannica BAE Systems, operante nel settore della difesa, infatti, sin dal 2014 stava collaborando con la francese Dassault per la realizzazione di un aereo da caccia di nuova generazione, quando nel 2018 il gruppo franco-tedesco Airbus è riuscito a far fuori dall'affare la concorrenza britannica per concentrarsi poi insieme a Dassault sulla realizzazione del FCAS. Il motivo addotto era che la Brexit avrebbe ostacolato la partecipazione di BAE Systems alla costruzione di un caccia da combattimento per l'UE ([5]). BAE Systems inizialmente ha continuato a lavorare in autonomia sul suo jet, che al momento è stato rinominato "Tempest", e nel frattempo ha ottenuto la collaborazione di 2 importanti aziende operanti nel settore della difesa, la Leonardo (Italia) e la Saab (Svezia); entrambe erano state escluse da Airbus e Dassault. Londra ha anche preso in considerazione il Giappone come possibile partner con cui cooperare per la realizzazione di "Tempest" [6]. Se la Gran Bretagna riuscisse ad ottenere la cooperazione di Tokyo per la realizzazione del progetto, avrebbe di fatto guadagnato dei punti importanti nei confronti del consorzio franco-tedesco FCAS nell'ambito della battaglia per assicurarsi dei mercati di vendita globali per il costoso progetto di difesa. È improbabile, infatti, che vi possano essere in parallelo abbastanza acquirenti per entrambi gli aerei da combattimento, tali da coprirne gli immensi costi di sviluppo. A tal proposito, "Tempest", nato come risposta all'esclusione operata da Berlino e Parigi, rappresenta un concorrente pericoloso per il progetto FCAS di Airbus e Dassault.

Obiettivo: "una stretta collaborazione"

In considerazione della portata economica e politica che la Gran Bretagna potrebbe ottenere con l'uscita dall'UE, Berlino vorrebbe  assumere un tono diverso nelle relazioni con Londra; di fatto sta cercando di fare in modo che nel raggiungimento delle sue ambizioni globali all'interno del quadro della politica tedesco-europea, la Germania possa fare ricorso al potenziale politico e soprattutto militare del Regno Unito. "Attendo con impazienza ogni nostra forma di ulteriore cooperazione data l'amicizia e la stretta collaborazione fra i nostri paesi", ha fatto sapere la Cancelliera Angela Merkel. [7] Il ministro degli Esteri Heiko Maas ha invece spiegato: "vogliamo che la Gran Bretagna rimanga un partner stretto anche dopo la Brexit, sia in termini economici che di politica estera e di sicurezza." [8] Norbert Röttgen, presidente della Commissione per gli affari esteri del Bundestag, commenta: "il nostro obiettivo ora dovrà essere quello di  mantenere quanto piu' possibile vicine le relazioni con la Gran Bretagna" [9]. Recentemente il Ministro della difesa Annegret Kramp-Karrenbauer ha chiesto che il  "formato E3 venga stabilizzato". "E3" indica le tre potenze dell'Europa occidentale che cooperano in maniera stretta nei negoziati per l'accordo nucleare con Teheran. Tale formato dovrebbe collegare Londra all'UE. Kramp-Karrenbauer ha recentemente annunciato che dovrà essere "saldamente istituito a livello dei ministri della difesa", con una riunione da tenersi entro la fine dell'anno. [10] I principali media, inoltre, suggeriscono la volontà di mantenere "stretti legami con Londra attraverso il formato dei summit EU plus 1" [11]

Cambiare le priorità

In questo contesto non è chiaro se Berlino nei prossimi mesi manterrà il suo aperto sostegno nei confronti dei nazionalisti scozzesi. Alle elezioni della scorsa settimana gli indipendentisti scozzesi sono stati in grado di aumentare la loro percentuale in Scozia portandola al 45 % dei voti; ora chiedono un nuovo referendum sulla secessione, che il Primo Ministro Boris Johnson ha già dichiarato di non volere. Dopo il referendum sulla Brexit del 23 giugno 2016, alcuni politici tedeschi avevano offerto un convinto sostegno alla causa dello Scottish National Party (SNP) e al suo presidente Nicola Sturgeon. A tal proposito in piu' occasioni si era apertamente sostenuto che la Scozia avrebbe "certamente" aderito all'UE se si fosse separata dalla Gran Bretagna. [12] A settembre, alla presenza di importanti politici tedeschi, tra cui il presidente del Bundestag Wolfgang Schäuble, Sturgeon era stata onorata con il conferimento di un importante premio mediatico tedesco - le era anche stata data l'opportunità di utilizzare il suo discorso di accettazione del premio per promuovere mediaticamente la causa dell'indipendenza della Scozia. E' altamente improbabile, tuttavia, che tali provocazioni oggi potrebbero essere ancora tollerate senza che il governo britannico vi opponga resistenza, proprio nel momento in cui Londra dispone di diverse opzioni in termini di politica estera e non dipende necessariamente dalla cooperazione con l'UE. Nel fine settimana il Ministro degli Esteri Maas, infatti, quando gli è stato chiesto se "una Scozia indipendente sarebbe benvenuta nell'UE" ha risposto: "La Scozia è parte del Regno Unito e pertanto la questione non si pone." [13] "La questione principale al momento" spiega Maas, "è quella di creare per il futuro un rapporto equilibrato, stretto ed equo con la Gran Bretagna". Maas tuttavia non ha detto nulla su quali sarebbero i rapporti fra Scozia e Germania se la relazione con la Gran Bretagna non dovesse svilupparsi secondo i desideri di Berlino.



[1] S. dazu Aufrüstung trotz Streit.
[2] Carsten Volkery: Ivan Rogers: "Johnson wird die EU gegen die USA ausspielen". handelsblatt.com 15.12.2019.
[3] S. dazu EU-Mächte planen Marineeinsatz im Persischen Golf.
[4] S. dazu Deutschlands Gestaltungsanspruch.
[5] S. dazu Führungskampf in der EU-Rüstungsindustrie.
[6] Demetri Sevastopulo, Robin Harding: Trump puts Tokyo under pressure to choose US fighter jet over rival BAE. ft.com 10.12.2019.
[7] Frust und Hoffnung nah beieinander. tagesschau.de 13.12.2019.
[8] "Wir wollen, dass Großbritannien auch nach dem Brexit ein enger Partner bleibt". auswaertiges-amt.de 14.12.2019.
[9] Frust und Hoffnung nah beieinander. tagesschau.de 13.12.2019
[10] S. dazu The Germans to the Front.
[11] Jochen Buchsteiner: Johnsons Mehrheit. Frankfurter Allgemeine Zeitung 14.12.2019.
[12] S. dazu Britannien spalten.
[13] "Wir wollen, dass Großbritannien auch nach dem Brexit ein enger Partner bleibt". auswaertiges-amt.de 14.12.2019.


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martedì 24 settembre 2019

Perché Berlino alimenta l'indipendentismo scozzese

Per German Foreign Policy la politica tedesca sta alimentando l'indipendentismo scozzese in chiave geopolitica: l'obiettivo sarebbe quello di indebolire dall'interno la Gran Bretagna, un paese alleato, nella fase decisiva della Brexit. Nei giorni scorsi Nicola Sturgeon, il primo ministro scozzese nonché leader degli indipendentisti scozzesi, è stata accolta con i massimi onori a Berlino. Ma per i tedeschi potrebbe essere solo un'altra vittoria di Pirro. Ne scrive il sempre ben informato German Foreign Policy





Un secondo referendum sull‘indipendenza 

Il governo regionale scozzese guidato dal Primo Ministro Nicola Sturgeon prosegue la sua campagna in favore di un secondo referendum sulla secessione. Prima del referendum del 18 settembre 2014, i nazionalisti scozzesi, fra questi anche Sturgeon, in diverse occasioni avevano dichiarato che il voto espresso nelle urne dal popolo scozzese sarebbe stato valido e vincolante per almeno una generazione. (…) 



Applausi incoraggianti 

Ciò ha spinto i politici dei partiti di governo e persino alcuni ministri tedeschi a sostenere apertamente gli sforzi indipendentisti dei nazionalisti scozzesi e quindi a sostenere il separatismo in un paese ufficialmente alleato. Già il 26 giugno 2016, infatti, il presidente della Commissione per gli affari europei del Bundestag, Gunther Krichbaum (CDU), aveva dichiarato di aspettarsi un "successo" da un eventuale nuovo referendum sulla secessione scozzese: la Scozia rimarrà nell'UE, aveva detto. Sempre ad inizio luglio 2016, l'allora vice-cancelliere Sigmar Gabriel (SPD) aveva affermato che se la Scozia avesse lasciato il Regno Unito, l'UE "senza dubbio ... l’avrebbe accolta". [2] Il 9 agosto 2016, il Primo Ministro Sturgeon era stata ricevuta dal sottosegretario di stato presso il Ministero degli Esteri di Berlino, Michael Roth. Nel settembre 2016, il capogruppo del Partito nazionale scozzese (SNP) alla Camera dei Comuni, Angus Robertson, aveva invece partecipato a una riunione a porte chiuse del gruppo parlamentare bavarese della SPD a Bad Aibling. [3]


Media Award per Sturgeon 

Nel frattempo, i nazionalisti scozzesi hanno continuato a ricevere aperto sostegno da parte della Repubblica Federale. Così il primo ministro Sturgeon la scorsa settimana è stata in Germania per una serie di colloqui politici. Martedì 17 settembre ha ricevuto il M100 Media Award a Potsdam, premio assegnato ogni anno da una giuria di giornalisti dei principali media tedeschi. Tra i vincitori precedenti l'ex ministro degli Esteri Hans-Dietrich Genscher (2009), il presidente della BCE Mario Draghi (2012) e il politico ucraino Vitali Klitschko, premio assegnato subito dopo il rovesciamento del 2014 in Ucraina, che egli aveva contribuito a causare in cooperazione con i centri di potere tedeschi. [6] Sturgeon ufficialmente è stata insignita del prestigioso premio per essersi distinta nel Regno Unito come "un politico con una posizione chiaramente pro-europea". [7] Il discorso di elogio è stato pronunciato dal Primo Ministro della Nordrhein-Westfalen, Armin Laschet (CDU); il principale discorso politico è stato tenuto dal presidente del Bundestag Wolfgang Schäuble (CDU). Sturgeon nel suo discorso di accettazione, davanti a un pubblico di spicco, ha approfittato dell'occasione per promuovere direttamente un nuovo referendum sull’indipendenza scozzese: la Scozia, secondo lei, dovrebbe aderire all'UE come "paese indipendente" [8]. 

In un round confidenziale 

Mercoledì 18 settembre Sturgeon ha poi proseguito la sua campagna per la separazione della Scozia dal Regno Unito e la successiva ammissione all'UE presso la Deutsche Gesellschaft für Auswärtige Politik (DGAP), uno dei Think Tank piu’ influenti in materia di politica estera tedesca. Il primo ministro scozzese prevede "che nei prossimi anni la Scozia sarà indipendente ... e diventerà quindi un membro indipendente dell'UE", ha detto durante la conferenza stampa. [9] Prima della sua apparizione, coperta in maniera benevola dai principali media della Repubblica Federale ("Nicola Sturgeon - il bel volto del nazionalismo" scriveva il Tagesspiegel, [10]), ha anche avuto uno scambio di opinioni, riferisce la DGAP, "in un giro confidenziale con alcuni specialisti di politica europea". Ha inoltre incontrato, sempre in via confidenziale, il sottosegretario di Stato presso il Ministero degli Esteri Michael Roth. Roth ha poi elogiato via Twitter il "rapporto positivo tra la Germania e le controparti scozzesi". 

Spinti fuori dall’UE 

Con il suo supporto ai nazionalisti scozzesi, Berlino punta in alto. In termini geopolitici, a Berlino potrebbe sembrare vantaggioso riuscire ad imporre la secessione della Scozia e il suo ingresso nell'UE: la Gran Bretagna ne uscirebbe notevolmente indebolita. Al contrario, la Germania e l'UE uscirebbero in qualche modo rafforzate dall'adesione all'UE di un nuovo stato membro dipendente da Berlino. Non è tuttavia chiaro se e in che modo la secessione della Scozia possa essere forzata. Anche se avesse successo, l'ingresso del paese nell'UE resterebbe altamente incerto: diversi stati dell'UE, tra i quali la Spagna, respingono qualsiasi coinvolgimento dei separatisti in quanto essi stessi sono minacciati al proprio interno dalle lotte secessioniste. Al momento è piu’ probabile che una Scozia indipendente resterebbe isolata e fuori dall'UE. Berlino finirebbe quindi per portare i suoi partigiani scozzesi in una posizione scomoda che non avrebbero mai desiderato. 

Non sarebbe la prima vittoria di Pirro 


A ciò si aggiunge il fatto che Londra difficilmente accetterebbe il sostegno tedesco ai nazionalisti scozzesi. I piani del governo federale, infatti, prevedono di continuare a lavorare a stretto contatto con il Regno Unito, anche dopo che questo avrà lasciato l'UE, in modo da poter competere con gli Stati Uniti all’interno di un blocco europeo [11]. Nella capitale tedesca ciò è auspicabile per motivi politici, ma soprattutto per ragioni militari. Si può tuttavia dubitare che questo progetto sia realizzabile, soprattutto nel caso in cui Berlino dovessse contribuire alla disintegrazione della Gran Bretagna. Una separazione della Scozia dal Regno Unito, con il sostegno energico di Berlino, non sarebbe in ogni modo la prima vittoria di pirro dei tedeschi.




[1] Kevin McKenna: Nicola Sturgeon's strike for independence should not let the SNP off the hook. theguardian.com 28.04.2019.

[2] S. dazu Das Druckmittel Sezession.

[3] S. dazu Das Druckmittel Sezession (II).

[4] Simon Johnson: Nicola Sturgeon hails "phenomenal" new poll showing majority for Scottish independence. telegraph.co.uk 05.08.2019.

[5] Simon Johnson: Independence referendum fifth anniversary poll shows six out of 10 Scots want to remain in UK. telegraph.co.uk 17.09.2019.

[6] S. dazu Unser Mann in Kiew.

[7] Nicola Sturgeon erhält M100 Media Award. m100potsdam.org 02.09.2019.

[8] Acceptance Speech of Nicola Sturgeon. m100potsdam.org.

[9] Schottland sieht seine Zukunft in der EU. dgap.org 18.09.2019.

[10] Albrecht Meier: Nicola Sturgeon - das nette Gesicht des Nationalismus. tagesspiegel.de 18.09.2019.

[11] S. dazu Ein gefährliches Spiel.



venerdì 3 maggio 2019

Verso un crollo dell'export tedesco in Gran Bretagna

La Brexit non c'è ancora stata ma l'export tedesco verso la Gran Bretagna è già in crisi e i segnali in arrivo dalla chimica e da altri importanti settori industriali lasciano ipotizzare un forte rallentamento. Ne scrive Die Welt


Da quasi tre anni si ripetono gli allarmi sul crollo degli scambi commerciali fra Germania e Regno Unito in caso di Brexit. Per ora siamo ancora in attesa dell'uscita dell'UE, ma il commercio tra Germania e Gran Bretagna si è già ridotto in maniera significativa. "I numeri sono drammatici", afferma Christian Kille, direttore dell'Istituto per la logistica applicata (IAL) presso l'Università di Würzburg-Schweinfurt.

Nel 2018 le esportazioni tedesche verso la Gran Bretagna sono diminuite dell'11,4 %, scendendo a 16,5 milioni di tonnellate. Le importazioni sono addirittura diminuite del 15,4 %, passando a 14,7 milioni di tonnellate. "Un importante fattore del forte calo nelle importazioni è stato il crollo delle materie prime come il petrolio greggio e il gas naturale", afferma Kille.

Ma anche i settori chiave ad alto valore aggiunto hanno registrato un calo significativo. "La Gran Bretagna già ora sta sperimentando le conseguenze della Brexit", afferma l'esperto di logistica Kille, il cui istituto, insieme ad una società di software specializzata nella logistica, pubblica il  cosiddetto sismografo dell'import e dell'export - una valutazione costante degli scambi fra la Germania e il resto del mondo.


Sia nell'industria chimica che in quella farmaceutica, le importazioni e le esportazioni hanno già subito delle perdite elevate senza che siano state ancora applicate delle barriere tariffarie. "Gli ordini nell'industria chimica sono un buon indicatore precoce dello stato dell'economia. Quando diminuiscono gli ordini nella chimica, è perché l'industria in generale si aspetta meno ordini e chiede meno prodotti chimici intermedi", afferma Kille. "Se il settore è in grado di mantenere la sua reputazione di indicatore precoce dell'andamento dell'economia, ci possiamo aspettare una ulteriore diminuzione nel commercio estero".

Soprattutto nel settore alimentare sensibile ai prezzi, l'applicazione di tariffe doganali porterebbe a dei sensibili cambiamenti. Anche nell'industria automobilistica e nella componentistica, fino ad oggi fortemente interconnesse, secondo lo IAL, sono già state registrate perdite a due cifre in entrambe le direzioni. Le importazioni tedesche dall'isola sono diminuite del 12,1% passando a 430.000 tonnellate, le esportazioni dell'11,4% passando a 1,73 milioni di tonnellate.

La Brexit tuttavia non sarebbe l'unico fattore ad aver scatenato i cambiamenti in corso nel commercio estero britannico. Per l'industria automobilistica parla Mike Hawes, il leader dell'associazione dei produttori di auto britannici SMMT, il quale fa riferimento ad una "catena di circostanze sfortunate". È tuttavia vero che la Brexit imminente e la situazione poco chiara in merito ai futuri rapporti con l'UE a 27 stanno mettendo in difficoltà i produttori, i quali sono strettamente legati ai fornitori del continente. Secondo Hawes, a ciò tuttavia bisogna aggiungere anche l'incertezza sul futuro dei motori diesel e l'indebolimento della domanda in Europa e in Cina.


La produzione sull'isola di auto da parte dei fabbricanti come Nissan, Honda, Jaguar, Land Rover o BMW va per l'80% nell'export. I produttori recentemente hanno considerevolmente ridotto la loro produzione. Gli ultimi dati mostrano che il numero di auto prodotte nel paese, nel primo trimestre si è ridotto del 16% rispetto all'anno precedente. Solo 370.289 veicoli sono usciti dalle catene di montaggio fra gennaio e marzo, tradizionalmente il trimestre più forte per l'industria.

Il crollo del commercio tedesco con il Regno Unito diventa chiaro se confrontato con lo sviluppo degli altri stati dell'UE, afferma Kille. Nel 2017, le esportazioni tedesche verso l'UE, compreso il Regno Unito, sono cresciute del 2,1 % salendo a 322 milioni di tonnellate, mentre le importazioni sono cresciute del 3,1 %, passando a 349 milioni di tonnellate. La Gran Bretagna si sta allontanando da questa traiettoria di sviluppo.

Ciò diventa ancora più chiaro nel confronto di lungo termine: dal 2015 al 2018, le esportazioni tedesche verso l'UE sono aumentate del 12% e le importazioni addirittura del 15%. Le esportazioni verso il Regno Unito sono scese dell'8%, le importazioni del 4%.

"Le aziende non possono permettersi di aspettare che il poker della Brexit arrivi alla fine. Hanno già preso le loro decisioni e agito sulla base di queste", commenta Ulrich Lison, esperto di dogane, riferendosi alle cifre attuali sul commercio estero. In altri settori, il big bang probabilmente deve ancora arrivare. "Le tariffe doganali porteranno a dei cambiamenti evidenti, specialmente nell'industria alimentare sensibile ai prezzi".

L'attuale boom nei trasporti fra l'UE e le isole britanniche, come riportato dal barometro del mercato del trasporto merci Timocom, serve piu' che altro per ricostituire le scorte e come misura precauzionale in caso di una hard Brexit . Kille cita un interlocutore del settore immobiliare britannico: "Ogni magazzino disponibile attualmente viene affittato per immagazzinare merci".


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domenica 20 gennaio 2019

Perché la priorità assoluta degli industriali tedeschi è evitare una Hard Brexit

"L'accordo avrebbe declassato la Gran Bretagna allo stato di colonia commerciale dell'UE" scrive l'importante economista dell'Ifo Institute di Monaco Gabriel Felbermayr in riferimento al voto del Parlamento britannico sulla Brexit. Per questo motivo gli industriali tedeschi cominciano a preoccuparsi seriamente e a lanciare i loro accorati appelli in favore di un accordo con lo UK che tenga in considerazione l'enorme avanzo commerciale verso l'isola e i 750.000 posti di lavoro che nell'industria tedesca dipendono direttamente dall'export oltremanica. Ne parla il sempre ben informato German Foreign Policy


"Allo stato di colonia commerciale"

Il respingimento dell'accordo sulla Brexit da parte del Parlamento britannico era prevedibile sin dall'inizio. L'accordo conteneva infatti diversi elementi del tutto inaccettabili per uno stato sovrano - in particolare in riferimento al cosiddetto backstop. Nel caso in cui in futuro non fosse stato possibile raggiungere alcun risultato nei negoziati sulle relazioni fra il Regno Unito e l'Unione, l'accordo avrebbe previsto non solo la permanenza del paese nell'unione doganale, ma anche una duratura spaccatura di carattere economico tra l'Irlanda del Nord e il resto del Regno Unito. Bruxelles avrebbe semplicemente potuto forzare entrambi gli elementi rifiutandosi di raggiungere un accordo; Londra, infatti, nei confronti di una tale decisione sarebbe del tutto impotente [1]. Di fatto l'accordo, come ribadito da Gabriel Felbermayr dell'Ifo Institute di Monaco, "avrebbe declassato la Gran Bretagna allo status di colonia commerciale dell'UE" [2]. La Camera dei Comuni martedì sera lo ha respinto. Le dichiarazioni del presidente del Consiglio UE, Donald Tusk, suggeriscono invece che Bruxelles stava cercando proprio questo risultato. Martedì Tusk su Twitter, rivolgendosi quindi a un vasto pubblico, scriveva: "Se un accordo è impossibile e nessuno vuole un no-deal, chi avrà il coraggio di dire qual'è l'unica soluzione positiva?" In effetti, la permanenza della Gran Bretagna nell'UE sarebbe proprio nell'interesse di Berlino e Bruxelles (...) 

Miliardi di perdite

Negli ambienti commerciali ed economici tedeschi questo gioco pericoloso sta facendo suonare molti campanelli di allarme. Dopo gli Stati Uniti, il Regno Unito è il secondo più grande destinatario di investimenti diretti tedeschi - con oltre 120 miliardi di euro. È anche il quinto più grande mercato di vendita per le aziende tedesche; e come ha dichiarato il presidente della Camera dell'Industria e del Commercio tedesca (DIHK), Eric Schweitzer, il volume delle esportazioni tedesche verso il Regno Unito a partire dal referendum sulla Brexit "è già sceso di oltre il cinque per cento." [8] Le tariffe doganali che secondo le norme WTO entrerebbero in vigore in caso di "hard Brexit", solo per gli esportatori di auto tedeschi potrebbero comportare "maggiori oneri per circa due miliardi di euro all'anno", cosi' metteva in guardia il presidente della DIHK nel mese di dicembre. Inoltre, in Germania "più di 750.000 posti di lavoro dipendono...dalle esportazioni verso la Gran Bretagna". A ottobre un'analisi dell'Institut der Deutschen Wirtschaft (IW) di Colonia ha rivelato che le tariffe WTO e le probabili barriere tariffarie future, solo per l'economia tedesca, potrebbero portare a decine di miliardi di euro di perdite. Nello scenario peggiore, il commercio tedesco-britannico potrebbe crollare così bruscamente da provocare perdite superiori ai 40 miliardi di euro all'anno [9].

Le priorità dell'economia tedesca

Anche il presidente della Federazione delle industrie tedesche (BDI), Joachim Lang, si è espresso in linea con queste preoccupazioni. "Il respingimento dell'accordo è drammatico", ha detto Lang, "per la Germania l'uscita disordinata del Regno Unito vuol dire mettere a rischio un volume di commercio estero bilaterale di oltre 175 miliardi di euro - tenendo conto delle importazioni e delle esportazioni di beni e servizi". [10] Si rischia "una clamorosa ed immediata recessione dell'economia britannica che anche in Germania non passerebbe inosservata". "Qualsiasi mancanza di chiarezza metterebbe a repentaglio decine di migliaia di aziende e centinaia di migliaia di posti di lavoro in Germania...", avverte il capo della BDI: "La priorità assoluta" sarà: "evitare una hard Brexit". Insieme ad altri importanti rappresentanti dell'economia tedesca, il CEO di Deutsche Bank, Christian Sewing, mette in guardia da una Brexit non regolamentata: costerebbe "al resto dell'UE...almeno mezzo punto del loro PIL" [11].

Troppi cantieri aperti

Lo stato di allarme dell'economia si spiega anche con il fatto che lo scorso anno la crescita economica tedesca è diminuita significativamente - dal 2,2 per cento del 2017 all'1,5 per cento del 2018, il dato più basso dal 2013 - e che contemporaneamente c'è il rischio di altri crolli sui diversi fronti economici. [12] Anche la Cina dovrebbe mostrare una crescita più lenta a causa della guerra commerciale avviata con Washington; le esportazioni tedesche verso la Repubblica Popolare, il terzo più grande mercato di vendita per le aziende tedesche, infatti, hanno già iniziato ad indebolirsi. La Francia, il secondo cliente dei tedeschi, al momento non è certo un bastione di stabilità in espansione, mentre la Germania sta combattendo una dura battaglia commerciale con il suo cliente più importante, gli Stati Uniti. In caso di Hard Brexit c'è il rischio molto concreto di un crollo delle esportazioni verso il mercato in quinta posizione.
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[1] S. dazu An die EU gefesselt.
[2] Chaos-Brexit verunsichert deutsche Wirtschaft. n-tv.de 16.01.2019.
[3] "Die Zeit ist fast abgelaufen". faz.net 15.01.2019.
[4] Remo Hess: Brexit-Verhandlung: Die Briten hatten keine Chance gegen Brüssel. nzzas.nzz.ch 12.01.2019.
[5] S. dazu Das Feiglingsspiel der EU.
[6] Ashley Cowburn: "This is not Dunkirk": Cabinet minister Liam Fox claims no-deal Brexit would not be "national suicide". independent.co.uk 14.01.2019.
[7] Anthony Wells: As MPs prepare for the Brexit vote, where do Britons stand? yougov.co.uk 14.01.2019.
[8] Deutsche Wirtschaft warnt vor hartem Brexit. n-tv.de 15.12.2018.
[9] Michael Hüther, Matthias Diermeier, Markos Jung, Andrew Bassilakis: If Nothing is Achieved: Who Pays for the Brexit? Intereconomics 5/2018, 274-280. S. dazu Das Feiglingsspiel der EU.
[10] Chaotischer Brexit rückt in gefährliche Nähe. bdi.eu 16.01.2019.
[11] Chaos-Brexit verunsichert deutsche Wirtschaft. n-tv.de 16.01.2019.
[12] Wirtschaft schrammt an der Rezession vorbei. Frankfurter Allgemeine Zeitung 16.01.2019.

domenica 19 marzo 2017

Berlino alimenta l'indipendentismo scozzese

Secondo German Foreign Policy, Berlino sta alimentando il separatismo scozzese per indebolire la posizione britannica e poter negoziare una Brexit favorevole agli interessi tedeschi. I mezzi per fare pressione: rapporti economici privilegiati con la Scozia e l'interferenza nelle questioni interne britanniche. Da german-foreign-policy.com


Per rafforzare i suoi legami economici con l'UE, la Scozia intende realizzare un centro per gli investimenti a Berlino; cosi' facendo, grazie anche all'appoggio tedesco, si stanno creando le condizioni per nuove tensioni interne alla Gran Bretagna. Il governo scozzese, secondo i commentatori, nel tentativo di trovare una protezione economica per il processo di separazione dalla Gran Bretagna, starebbe cercando l'aiuto tedesco. Concretamente: i governi regionali e quello federale di Berlino, in maniera mirata, stanno cercando di rafforzare i loro legami economici con Edimburgo. Lo scenario di fondo sarebbe il desiderio di aumentare la pressione su Londra in modo da poter ottenere una "soft Brexit". Opzione senza dubbio desiderabile per la tutela degli interessi tedeschi. I consiglieri del governo tedesco suggeriscono invece di utilizzare la Repubblica d'Irlanda per fare pressione nei negoziati sulla gestione del confine fra Irlanda e Irlanda del Nord; questo confine in caso di "hard Brexit" sarebbe una questione particolarmente delicata. Come merce di scambio Berlino vorrebbe utilizzare i cittadini UE già residenti in Gran Bretagna e quelli britannici residenti nell'UE: la Cancelliera Merkel ha infatti rifiutato di garantire i loro diritti di soggiorno prima dell'avvio dei negoziati. 

Sfruttare i contrasti

Subito dopo il referendum britannico sull'uscita dall'UE del 23 giugno 2016, a Berlino si iniziava a riflettere su come utilizzare i contrasti interni al Regno Unito per poter esercitare una pressione nelle trattative sulla Brexit. Dalle urne è uscita una maggioranza pro-Brexit, ma non in Scozia e Irlanda del Nord, dove rispettivamente il 62% e il 55.8% ha votato contro. Per Londra la situazione è complessa, perché in Scozia le aspirazioni secessioniste sono molto forti, mentre in Irlanda del Nord ci sono invece piani per la riunificazione con la Repubblica d'Irlanda; entrambe le regioni sono ampiamente sopra la media pro-UE, e la prospettiva di un'uscita non fa altro che alimentare le aspirazioni indipendentiste. L'idea era quindi quella di sfruttare il separatismo scozzese e i piani di riunificazione irlandesi per aumentare la pressione su Londra e quindi costringere il governo di Londra a fare concessioni - con un consiglio: se Londra si allontanasse davvero dall'UE perderebbe la Scozia. Per un certo periodo si è addirittura parlato di una ripetizione del referendum. In alternativa, si diceva, è necessario ottenere almeno una "soft Brexit".

Accettare la Scozia

In questa fase Berlino ha apertamente sostenuto il separatismo scozzese. Il presidente della Commissione per gli Affari Europei al Bundestag, Gunther Krichbaum (CDU), il 26 giugno dichiarava: "L'UE continuerà ad essere composta da 28 stati membri, perché io mi aspetto un nuovo referendum sull'indipendenza della Scozia, che questa volta avrà successo. Dobbiamo rispondere rapidamente alla richiesta di ingresso di un paese amico dell'UE"[1]. Sempre nella stessa direzione andava l'incontro dell'allora Presidente dell'Europarlamento, Martin Schulz (SPD), con il capo del governo scozzese Nicola Sturgeon; con quell'incontro Sturgeon voleva discutere di come la Scozia, nonostante la Brexit, potesse ancora restare a far parte dell'UE. I primi di luglio si è aggiunto anche l'allora Ministro dell'Economia Sigmar Gabriel (SPD) dichiarando: "L'UE sarebbe sicuramente pronta ad accogliere la Scozia se questa dovesse uscire dal Regno Unito e chiedesse di entrare nell'UE" [2] In agosto Sturgeon è stata ricevuta a Berlino dal sottosegrario al Ministero degli Esteri Michael Roth, il quale in quell'occasione aveva dichiarato: "mi auguro che il Regno Unito riesca a trovare una strada che possa essere utile per l'Europa nel suo complesso". [3] A settembre, a Bad Aibling, in Baviera, in occasione di una riunione di partito, il capogruppo SPD nel parlamento regionale bavarese ha incontrato Angus Robertson, capogrupppo dello Scottish National Party (SNP) alla House of Commons. Robertson in quell'occasione ha annunciato di  voler analizzare le possibilità per far restare la Scozia nell'UE nonostante l'uscita britannica; il suo discorso è stato accolto con grandi applausi. [4].

Un centro per gli investimenti a Berlino

In questa situazione di forte incertezza Sturgeon è alla ricerca di un maggiore sostegno economico da parte della Germania. All'inizio di marzo ha incontrato a Edinburgo il Ministro dell'Economia tedesco Christian Schmidt per discutere, tra le altre cose, dell'uscita della Gran Bretagna dall'UE. All'inizio della scorsa settimana il Ministro dell'Economia scozzese è stato ad Amburgo e Berlino per parlare di un possibile rafforzamento delle relazioni economiche. Edinburgo intende costruire a Berlino nel prossimo futuro un "Centro per l'innovazione e gli investimenti" che dovrebbe contribuire alla creazione di nuovi legami economici. La prossima settimana è previsto il viaggio in Scozia di una delegazione economica bavarese sotto la guida del Ministro dell'Economia bavarese Ilse Aigner. Lo sviluppo delle relazioni commerciali rafforza il legame della Scozia con l'UE, rende piu' probabile una separazione economica - e garantisce a Berlino maggiori opportunità per esercitare la sua influenza.

Confini sensibili

I politici di Berlino individuano opportunità per estendere la loro influenza anche nella questione nord-irlandese. Li' una hard Brexit potrebbe rivelarsi fatale, perché potrebbero esserci conseguenze sul confine fra Irlanda del Nord e Repubblica d'Irlanda, secondo quanto riportato da una recente analisi della Stiftung Wissenschaft und Politik (SWP). La permeabilità di questo confine è di grande importanza per il processo di pace sull'Isola. Il libero transito delle persone fra la Repubblica d'Irlanda e l'Irlanda del Nord è regolato nel  Common Travel Area (CTA) del 1923; il trattato potrebbe facilmente restare invariato anche dopo l'uscita della Gran Bretagna. Tuttavia potrebbero esserci problemi per il Regno Unito, perché un confine senza controlli d'identità sarebbe una facile porta di ingresso per la migrazione indesiderata. Londra potrebbe quindi trovarsi in una situazione difficile, che giocherebbe a sfavore di una "hard Brexit". Sicuramente non è opportuno intervenire direttamente in Irlanda del Nord, e quindi in questioni interne al Regno Unito, ma nelle trattative è coinvolta anche l'Irlanda. L'UE avrebbe quindi "il diritto di tutelare nei negoziati per la Brexit gli interessi particolari del suo stato membro Irlanda", scrive la SWP.[6] Il confine fra Irlanda del Nord e Repubblica d'Irlanda già nel luglio 2016 era stato oggetto di un colloquio fra la Cancelliera Angela Merkel e il primo ministro irlandese Enda Kenny.

Merce di scambio

Fra le complicazioni che Berlino sta cercando di mettere in campo per evitare un "hard Brexit" c'è anche la questione della tutela del diritto di soggiorno per i circa 3 milioni di residenti europei in Gran Bretagna. Anche se nell'establishment britannico nessuno intende negargli il diritto a restare, l'incertezza permanente non solo causa inquietudine fra le persone coinvolte ma alimenta un atteggiamento ostile nei confronti della Brexit. Il primo ministro May avrebbe quindi chiesto alla Cancelliera Merkel di pronunciarsi a favore del diritto di soggiorno sia per per i cittadini europei nel Regno Unito, sia per i 900.000 cittadini britannici che vivono nei paesi dell'UE a 27. Da quanto si legge, pare che Merkel abbia esplicitamente respinto la richiesta. Non sarebbe disponibile "ad indebolire la posizione negoziale dell'UE", cosi' si scrive citando fedelmente fonti vicine al governo tedesco.[7] In questo modo Berlino ha trasformato i 3 milioni di cittadini europei nel Regno Unito e i 900.000 residenti britannici nel continente in una merce di scambio.

[1] Jacques Schuster, Daniel Friedrich Sturm: Und zurück bleiben die verwirrten Staaten von Europa. www.welt.de 26.06.2016. S. dazu Das Druckmittel Sezession.
[2] Sigmar Gabriel: Egoismus macht Europa kaputt. www.noz.de 02.07.2016.
[3] Sturgeon in Berlin for Brexit talks with German minister. www.bbc.co.uk 09.08.2016.
[4] Bayerisch-schottischer Schulterschluss für Europa. bayernspd-landtag.de 21.09.2016.
[5] Kanishka Singh: Scottish independence support at highest ever levels, survey suggests. Polls find 46% of Scots back separation from UK. www.independent.co.uk 15.03.2017.
[6] Nicolai von Ondarza, Julia Becker: Ein differenzierter Brexit für das Vereinigte Königreich. SWP-Aktuell 11, März 2017.
[7] Oberhaus will Garantien. Frankfurter Allgemeine Zeitung 03.03.2017.

sabato 18 marzo 2017

Hans Werner Sinn: Brexit sarà una catastrofe per la Germania

Hans Werner Sinn torna a parlare del pericolo Brexit per la Germania: è necessario bloccare la manovra dei francesi per non trasformare la Germania nell'ufficiale pagatore di una nuova unione monetaria latina fondata sul protezionismo commerciale e i trasferimenti verso il Mediterraneo. Berlino deve imporre una revisione dei trattati europei. Dalla Frankfurter Allgemeine Zeitung. 


Ci siamo arrivati. Il Parlamento britannico ha rinunciato al suo diritto di veto, e il governo di Theresa May questo mese formalizzerà la sua richiesta di uscita dall'UE. Da quel momento inizieranno a decorrere i due anni di negoziati previsti dai trattati europei.

L'uscita della Gran Bretagna è un voto di sfiducia nei confronti dell'UE. L'irritazione per l'arroganza dei burocrati di Bruxelles durava ormai da molto tempo, irritazione per aver ripetutamente calpestato il principio di sussidiarietà con la volontà di legiferare su ogni aspetto tramite regolamenti e raccomandazioni: dalla polvere sottile nelle città alla qualità dell'acqua potabile, dalla curvatura dei cetrioli alla lunghezza minima delle banane o la colorazione delle mele, fino alla forza degli aspirapolvere o le prestazioni della lavastoviglie, tutti settori dove non ci sono esternalità transfrontaliere che potrebbero giustificare un intervento centrale. Ed erano stanchi di dover sottostare ai giudizi della Corte Europea di Giustizia, giudizi guidati da interessi particolari, in cui i piccoli paesi hanno lo stesso peso dei paesi piu' grandi.

Respinto con un gelido sorriso

Soprattutto non ci si voleva sottomettere alle regole sull'immigrazione dettate da Bruxelles. Molti cittadini britannici ritengono che l'immigrazione di massa dai paesi del Commonwealth degli anni '50 e '60, che fù peraltro bloccata solo con l'adesione all'UE del 1973, abbia travolto il paese. Non si voleva correre il rischio che accadesse un'altra volta. Il tentativo fatto dal primo ministro Cameron di ridurre l'effetto magnetico dello stato sociale britannico ritardando l'integrazione dei migranti nel welfare, è stato respinto dalle élite europee con un gelido sorriso. Questa umiliazione ha contribuito in maniera significativa al rafforzamento dello schieramento pro-brexit.

Brexit per l'UE è già una mezza catastrofe, perché la Gran Bretagna è un grande paese. Non si tratta dell'uscita dall'UE di un qualsiasi paese, che si potrebbe anche accettare prima di tornare al consueto "business as usual". Si tratta piuttosto dell'uscita della seconda economia europea. Le dimensioni dell'economia britannica sono pari a quelle dei 20 paesi piu' piccoli dell'UE messi insieme. E' come se ad uscire fossero 20 paesi su 28 contemporaneamente.

L'equilibrio dell'UE è distrutto

Già questo fatto mostra che nell'UE nulla sarà più' come prima. Gli inglesi hanno espresso critiche giustificate alle istituzioni europee e alle loro regole. Queste critiche dovrebbero essere prese sul serio e inserite all'interno di una riforma fondamentale dell'UE. Di questa riforma dovrebbe far parte anche un nuovo sistema di diritti di inclusione per i migranti, che aiuti a spegnere il potere magnetico del welfare, o ad esempio una nuova regolamentazione dell'Eurosistema. Sarebbe inoltre necessario differenziare fra diritti sociali guadagnati ed ereditati, introdurre all'interno del Consiglio della BCE dei diritti di voto basati sulla partecipazione al capitale, discutere del pagamento dei saldi Target, prevedere una procedura di insolvenza ordinata per gli stati, inserire nei trattati la possibilità di un'uscita ordinata dall'Euro basata sulla svalutazione. Gli aspetti da ridefinire sarebbero molti.

Brexit per la Germania sarà devastante. La Gran Bretagna è per la Germania il terzo mercato di esportazione. E' uno dei due paesi che nell'UE dispone di armi atomiche. L'altro, che resta, considerando le critiche alla Nato arrivate da Washington, e grazie alla Brexit, conquisterà molto potere politico all'interno dell'UE, mentre la Germania finirà in una situazione di dipendenza unilaterale. L'equilibrio dell'Europa è distrutto.

Quando il ministro degli esteri Gerhard Schröder e il ministro dell'economia Ludwig Erhard convinsero il Bundestag ad inserire nel trattato dell'Eliseo un preambolo, con grande dispiacere del presidente De Gaulle, secondo il quale la Germania si augurava l'ingresso della Gran Bretagna nell'UE, sapevano cosa stavano facendo. Solo al terzo tentativo, dopo i 2 bloccati da De Gaulle nel 1963 e nel 1967, nel 1973, dopo la morte di De Gaulle, si è riusciti a far salire a bordo la Gran Bretagna.

I nostri vicini del Mediterraneo ora potranno governare

La distruzione dell'equilibrio europeo raggiunge cosi' una dimensione molto concreta: le regole sulla tutela della minoranza nel Consiglio dei Ministri perdono il loro significato, almeno cosi' come erano previste dal trattato di Lisbona, che dopo un periodo di transizione, a partire dal primo aprile 2017, sarebbero state valide anche per il Regno Unito. Per la maggior parte delle decisioni è infatti necessario avere il consenso del 55% dei paesi rappresentanti almeno il 65% della popolazione. A sua volta questo significa: i paesi che riescono a raggruppare il 35% della popolazione hanno una minoranza di blocco. Insieme alla Gran Bretagna, il cosiddetto "D-Mark Block" (Germania, Austria, Olanda e Finlandia) aveva una percentuale di popolazione superiore al 35%, vale a dire esattamente una minoranza sufficiente al blocco. Sono di fatto i paesi che si sono impegnati a difendere il libero scambio. Allo stesso tempo anche i nostri vicini del Mediterraneo, i quali a causa della debolezza della loro industria sono da sempre orientati verso un maggiore protezionismo, dispongono di una minoranza di blocco, visto che raggruppano il 36% della popolazione dell'UE. Questo equilibrio faticosamente raggiunto con il Trattato di Lisbona ora non c'è piu', perché il primo blocco, con l'uscita della Gran Bretagna, scenderà al 25%, mentre i paesi del Mediterraneo saliranno al 42% della popolazione, molto più' di quanto necessario per una minoranza di blocco. Ora potranno governare l'Europa trasformandola in una fortezza per il commercio.

Non c'è da meravigliarsi se il candidato più' promettente alle presidenziali francesi, Emmanuel Macron, abbia già chiesto di far fronte alle minacce di Donald Trump con un nuovo protezionismo europeo. Tali richieste fanno parte della tradizione francese. Il vero perdente della corsa alla creazione di barriere commerciali tra Francia e America sarà senza dubbio la Germania, perché il modello di sviluppo tedesco è basato sul commercio internazionale. La percentuale delle esportazioni tedesche destinate ai paesi fuori dalla zona euro è cresciuta rapidamente, anche dopo l'introduzione dell'Euro.

L'erosione delle garanzie per le minoranze all'interno del Consiglio dei Ministri europei richiede una rinegoziazione dei trattati UE, se non un annuncio di modifica da parte dei tedeschi. La Germania non riuscirà a portare a termine questa rinegoziazione degli accordi dopo la conclusione delle trattative con la Gran Bretagna. Potrà farlo solo se la sua richiesta sarà già sul tavolo, e potrà quindi essere discussa all'interno di un pacchetto comune che possa contemporaneamente regolare le condizioni interne all'UE e i rapporti esterni con la Gran Bretagna. Il ferro si lascia forgiare solo quando è caldo. Una volta che la Gran Bretagna sarà uscita, la Germania non avrà piu' nessuna possibilità di raggiungere un equilibrio sostenibile nelle regole decisionali dell'UE.

La Germania dovrebbe respingere le proposte di Macron

Dove sono i politici che invece di preoccuparsi dei mesi che ci separano dalle elezioni di settembre preferiscono occuparsi dei prossimi decenni e sono pronti a mettere in campo una politica di lungo periodo, liberata dai temi dettati dall'attualità? Durante una tempesta c'è bisogno di manovre coraggiose e audaci da parte del capitano. Chi continua a navigare sempre nella stessa direzione, finisce per naufragare.

Considerando la situazione attuale, la Germania non dovrebbe piu' sottomettersi alle richieste della Commissione e smetterla di spingere verso un'integrazione europea a due velocità. E' stato l'approccio che con l'Euro e Schengen abbiamo seguito fino ad ora. Ma ha profondamente diviso l'Europa. Se si continua su questa strada, dopo la Gran Bretagna, a sentirsi in disparte sarà la Polonia, e alla fine accadrà lo stesso anche con la Danimarca, la Svezia, la Repubblica Ceca e l'Ungheria. Chi dopo la Brexit vorrebbe aiutare l'Eurozona pianificando un maggiore intervento pubblico, divide l'est dall'ovest, tira una linea in mezzo alla Mitteleuropa e trasforma la Germania in un'appendice e nell'ufficiale pagatore di una nuova unione monetaria latina.

Che la Francia sostenga un'Europa a due velocità non mi sorprende. La divisione della Mitteleuropa, sin da Richelieu, è un punto centrale della politica di questo paese. Su questo punto gli interessi francesi pero' sono altri. Macron propone ai francesi un programma che permetta loro di evitare ogni sforzo; cerca invece l'appoggio tedesco per un bilancio comune dell'Eurozona, per gli Eurobonds, per una assicurazione comune sui depositi bancari e un sussidio europeo contro la disoccupazione. La Germania non deve imboccare questa strada.

Una sciocchezza dal punto di vista economico

Invece di cercare un accordo con la Francia e preparare un'azione punitiva contro la Gran Bretagna, la Germania farebbe meglio a prendere le distanze dai piani per un ulteriore approfondimento dell'UE e assumere un ruolo di intermediario nei negoziati sulla Brexit: alla fine non si tratta altro che del desiderio britannico di andare avanti sul libero commercio, nonostante una restrizione alla libertà di movimento delle persone. Il libero commercio in realtà non è un dono fatto agli altri paesi, aiuta tutti coloro che vi prendono parte.

I vantaggi del libero commercio sono addirittura maggiori se i lavoratori non possono migrare. L'UE ripete che non ci sarà alcun "cherry picking". Il libero commercio potrà essere garantito solo se collegato alla libera circolazione dei lavoratori. Da un punto di vista economico è una sciocchezza, perché è proprio quando le persone non possono spostarsi che i vantaggi del libero commercio sono maggiori. Senza le migrazioni si generano maggiori differenze nella struttura dei salari fra i diversi paesi, rispetto a quelle che si avrebbero con lo spostamento dei lavoratori, e maggiori sono queste differenze, maggiori saranno le differenze nelle relazioni fra i prezzi dei beni prodotti, che a loro volta sono la fonte dei guadagni nel commercio internazionale. Anche da un punto di vista politico non puo' essere nell'interesse tedesco punire i britannici, perché in questo modo la Germania si priverebbe di una propria opzione di uscita e si renderebbe ricattabile.

Con i propri vicini è necessario trattare in maniera corretta

Ci sono 2 modelli possibili per una federazione. Il primo modello è caratterizzato da una forte protezione delle minoranze e dalla natura volontaria della cooperazione. Vengono prese decisioni di cui beneficiano alcuni membri e non altri, ma che non danneggiano nessuno, che in definitiva ingrandiscono la torta a disposizione di tutti. Questo modello è stabile, perché vi partecipano tutti in maniera volontaria. Il secondo modello si basa su decisioni prese a maggioranza ma senza una difesa degli interessi della minoranza. In questo modello vengono prese anche misure riguardanti la  redistribuzione, utili per una maggioranza, tuttavia dannose per una minoranza: ed è proprio quando è la maggioranza a guadagnare meno di quanto perso dalla minoranza che la torta si restringe. Questo modello genera dei perdenti, che preferiscono fuggire, ed è intrinsecamente instabile. Per evitare le fughe allora c'è bisogno di una possibile punizione.

La Germania non deve certo uscire dall'UE, perché a differenza dell'Euro, è un'istituzione che ha dimostrato di essere vantaggiosa per l'Europa nel suo complesso. Affinché possa continuare ad esserlo, è necessario che i sostenitori della redistribuzione, sia a Bruxelles sia nel campo di Macron, siano consapevoli della necessità di non esagerare. Anche per questa ragione è necessario trovare una soluzione soddisfacente per l'uscita del Regno Unito, che in caso di emergenza sia disponibile anche per gli altri membri. I britannici restano pur sempre i nostri vicini, e con i vicini è necessario comportarsi in maniera adeguata.